Riguardo la dichiarazione di intenti che nella cordata Manifesta-De Magistris riunisce tutto il gotha della sinistra cd di classe, non posso non fare alcune osservazioni. Chi mi conosce sa che io provengo dall’area che ha in Potere al Popolo! l’ultima significativa espressione politica di un percorso iniziato anni fa e poi confluito in PaP insieme alla compenente napoletana che aveva dato vita dal CS Je so’ pazzo, a questa organizzazione. Se ben mi ricordo, prima con ROSS@, poi con Eurostop, l’elemento strategico della politica antagonista messa in campo era la rottura con l’UE e l’uscita dalla NATO, nell’ipotesi di costruire un’area Euromediterranea, la cd ALBA Euromediterranea.
Or bene, già nella dialettica interna alla nuova formazione la rottura con l’UE si era stemperata in una più blanda rottura con le politiche neoliberiste della medesima, a dire che tutto sommato poi questa architettura oligarchica ed élitaria si potesse riformare: un vecchio tormentone rifondarolo che ha condotto di sconfitta in sconfitta quegli spezzoni che si mettevano insieme elettoralmente sin dai tempi della lista Arcobaleno. L’ultimo scazzo è stato sul rapporto con la CGIL. Ma ritengo questo aspetto del tutto secondario e una conseguenza di scelte politiche fallimentari già a monte.
A monte poiché l’aver completamente ignorato le vaste lotte sociali contro le restrizioni pandemiche degli ultimi due anni e passa, costituisce un vulnus insormontabile. Diventa insormontabile l’autoreferenzialità di una politica circoscritta alle proprie aree di riferimento, mentre i “sovranisti”, persino componenti politiche già esistenti o createsi nel corso della lotta e derubricate dai nostri a “terrapiattisti”, “novax”, “fascisti” e chi più ne ha più ne metta, si muovevano come pesci nell’acqua in un vasto movimento di massa che raccoglieva ampi settori popolari a partire dal precariato che sia delle libere professioni o del lavoro subordinato.
Ma quel che è peggio, il non aver compreso la natura, l’origine e la direzione del colpo inferto dal grande capitale finanziario e multinazionale all’intera società italiana con la gestione pandemica, limitandosi alla pur giusta critica dei tagli alla sanità pubblica e alla sua progressiva privatizzazione, ha viziato l’azione politica di opposizione e antagonista, togliendole definitivamente il ruolo di azione d’avanguardia, quindi di organizzazione d’avanguardia. La GKN non fa primavera e le masse erano ben altro, anche e soprattutto altrove.
Ora, su quali basi costoro vanno a costruire un soggetto politico antagonista al sistema di potere capitalistico, quando il capitalismo ha superato persino la sua stessa nozione di democrazia borghese ponendo le basi per una società ipertecnologica disciplinare e discriminatoria, basata sullo scambio diritti per comportamenti? Dai dirigenti di tutte queste realtà storiche della sinistra di classe ho sentito ogni sorta di scemenza, come l’accostare il green pass alla patente e alla tessera sanitaria: un po’ come vedere una clava in un drone super armato. Ma neppure le ultime dichiarazioni di Colao sul “portafoglio elettronico” in un progetto di unificazione dei dati a livello europeo, smuove dal torpore intellettuale questi gruppetti dirigenti, che a mio giudizio hanno fatto ormai il loro tempo.
Sulla funzione disciplinare e d controllo sociale dei nuovi dispositivi che stanno introducendo e sperimentando ne avevo parlato ampiamente qui, sottolineando anche il carattere controinsurrezionale preventivo di questi, evidenziando la risposta di Trudeau alla lotta dei camionisti canadesi. Ma si sa: costoro sono dei beceri trumpiani, hanno le stese corna del tizio a Capitol Hill e quindi meglio guardare il dito e non la luna.
A febbraio arrivava la guerra in soccorso ai nostri eroi, ma le reazioni del popolo italiano sono state molto più blande dei sabati di lotta anti-sieri genici e anti-green pass, benché dai sondaggi la maggior parte della popolazione sia contraria al sostegno militare all’Ucraina e non ne voglia un piffero della guerra. Niente movimenti, qualche intergruppo. L’unico sollievo in alcuni episodi di boicottaggio operaio all’invio di armi da Pisa e da Genova. Ma anche s questo fronte, proprio nella nascita del grande gruppone elettorale, per far star dentro tutti, si arriva a toppare. Eh sì perché la seconda frase recita: «Condanniamo l’aggressione del Governo russo all’Ucraina»… frase fondamentale per farsi accettare nel contesto mediatico completamente falsificato da un bombardamento ossessivo su chi è l’aggredito e chi l’aggressore. E a poco serve scrivere poi:«… come ogni intervento militare delle grandi potenze e della NATO eccetera…». Il néné che toglie da ogni impiccio è scattato: si può andare nei salotti televisivi a fare i paraculi.
Se ben mi ricordo, la manifestazione dei “sovranisti no-vax” di questo inverno a Bologna vedeva dalle tre alle cinquemila persone inneggiare all’uscita dell’Italia dalla NATO. Un altro passo. Ma so’ ragazzi rossobruni!
Certo non sono comunisti, ma tutta questa si documenta, segue personaggi di tutto rispetto come Fulvio Grimaldi e Manlio Dinucci e sa bene:
a. che la guerra in Ucraina non è iniziata il 22 febbraio 2022, ma ben otto anni fa,dopo il golpe di piazza Maidan con bombardamenti, assassini di oppositori e una vera e propria pulizia etnica della popolazione russofona.
b. che di emergenza in emergenza diviene chiara la strategia atlantista dalla gestione pandemica a quella della guerra
Sono due concetti fondamentali. Se manca uno dei due è meglio iscriversi a una bocciofila.
In merito all’impostazione politica su cui nasce questa “unione popolare” in salsa fancese (a proposito, leggere la posizione di Melenchon, solidale a Macron nel sostegno all’Ucraina), prendo atto che chi ha sostenuto sino ad oggi la lotta delle due repubbliche del Donbass evidentemente ha cambiato strada. Eppure bastava fare un ragionamento elementare: cosa avrebbero detto Longo, Li Causi, Roveda, Calamandrei, Nenni se delle fotze di sinistra in un qualche paese avessero condannato l’invasione alleata dell’Italia contro Mussolini e i nazifascisti? Ho detto tutto. Qualcuno dovrà rendere conto politicamente dell’abbandono della Resistenza nel Donbass. Una regione ancora oggi bombardata da Kiev. Inoltre consideriamo che al netto dei diversivi militari di Mosca, l’obiettivo dell’operazione speciale è proprio quello di mettere in sicurezza il Donbass, cosa che ancora evidentemente non è stato raggiunto o lo è stato parzialmente con la liberazione dell’oblast di Lugansk.
Non c’è dubbio che dai tempi di “fuori l’Italia dall’UE e dalla NATO”, una regressione ce la vedo anche in quei settori dell’antagonismo che un giorno sì e l’altro pure si professano anti atlantisti. In particolare Manifesta e l’Unione Popolare non si annuncia certo come antieuropeista. E il problema è che c’è chi pensa che basti mettere insieme le frattaglie della vecchia sinistra radicale per replicare i successi francesi dell’alleanza che ha Melenchon come leader. Ma è un’emulazione che ha più le caratteristiche di uno scimmiottamento meccanicistico perché per le ragioni prima esposte non ha capito nulla della realtà italiana e dello scontro sociale degli ultimi mesi.
France Insoumise sono anni che tra Gilet Jaunes e contrasto al pass sanitaire ha costruito solidi rapporti di alleanza tra diversi settori sociali. Sul piano ideologico il tricolore francese poi, non è in idiosincrasia con le banlieu e con i migranti. Qui invece ci sono blocchi ideologici incomprensibili se non spiegandoli con certe piccole posizioni di rendita nei propri ambiti di riferimento, dal microcosmo sindacale di base ai relativi partitelli dello zero virgola per cento.
Insomma, alla fine siamo al solito cartello elettorale con qualche figura più o meno nota, un inciucio a sinistra che alla fine sembra essere messo lì per creare ancora più difficoltà a un’ipotesi d’alternativa più radicale, per la quale oggi esiste uno spazio di rappresentanza e di crescita politica quantitativa e qualitativa, ma che non viene colto in alcun modo da chi ci ha lavorato politicamente. Infatti se Atene piange, Sparta non ride: la galassia di forze più o meno scaturite dalla precedente stagione “no vax”, no green pass, non trova la quadra: troppi galli nel pollaio. Chi trarrà vantaggio da tutto questo è chi sta al comando, le forze di regime che, dopo aver fatto a pezzi i cinquestelle, non troveranno ostacoli particolarmente significativi sulla loro strada.
La questione vera è creare un’autentica coalizione in radicale conflitto con il sistema dominante in ogni suo ambito di intervento. Non ultimo il passaggio autoritario che ha radicalmente trasfigurato la democrazia borghese verso il totalitarismo neoliberale. Se non si comprende questo, non è possibile sviluppare alcuna reale opposizione a questo stato di cose. L’occasione persa a sinistra non è dunque solo nel non aver compreso i piani strategici di un’oligarchia sovranazionale che sta ristrutturando l’intero sistema di relazioni produttive e sociali sul terreno della più sofisticata e iperteconologica biopolitica, ma nel non aver colto quell’afflato intuitivo che poneva una componente antagonista al di fuori del perimetro europeista. La logica conseguenza politica di ROSS@ e poi Eurostop sarebbe dovuta essere in una scelta populista, quella che oggi va facendo quell’animale politico, quell’annusatore dell’aria che è Marco Rizzo, ma che non ha certo la valenza ideologica e politica di un autentico comunista, capace di rompere con le convenzioni borghesi e avviare un percorso di liberazione più vasto e non solo su un terreno economicista.
Oggi vediamo Rizzo tra i tassisti napoletani, incompreso da pezzi del suo stesso partito (vedi la diaspora della federazione milanese). Ma questa boutade di un piccolo partito verticistico che ha confuso il centralismo democratico con il leaderismo sessantottesco dei gruppetti emme-elle, ci insegna però un aspetto importante della tattica e della politica rivoluzionaria dei comunisti: dovremmo avere il coraggio di introdurre un po’ di peronismo nella politica dei comunisti italiani. Perché senza una vasta alleanza in chiave sovranista, tra settori sociali, tra ceti medi devastati dalle emergenze create ad arte ai fine della ristrutturazione dall’alto della catena del valore e salariati, precari, tra settori molteplici e differenziati di espulsi e masticati dai cicli di produzione e della circolazione del capitale, con identità difficilmente raccordabili con una visione di classe ortodossa, non si va da nessuna parte. E questo è l’unico insegnamento che conta dell’esperienza francese: l’unico che gli stati maggiori del sinistrismo radicale non hanno capito nella loro parodia melenchoniana.
Non è annacquando le proprie posizioni e restare nei propri recinti che si fanno passi avanti. Un’opposizione potenziale e possibile contro la guerra, la NATO, la ristrutturazione dall’alto verso il capitalismo della sorveglianza e della discriminazione esiste già e può crescere. Ma le occasioni vanno colte e i rischi di riassorbimento delle spinte sociali conflittuali sono ancora più evidenti se vediamo la traiettoria di France Insoumise e della Nouvelle Union Populaire Ecologique et Sociale, se non si mantiene la barra dritta su un radicale e irriducibile antagonismo no UE e no NATO. E oggi il rischio è che il patrimonio di lotte e di una sinistra alternativa al capitalismo finisca più o meno indirettamente da fare da fanalino di coda al grande treno atlantista. Lo abbiamo già visto con la posizione di quella italiana riguardo la gestione capitalistica della pandemia
La scelta politica di contribuire alla costruzione di un’opposizione più vasta, popolare che comprenda tutti quei pezzi di società che in questi mesi si sono ribellati ai diktat di Draghi e Speranza, non solo non toglierebbe nulla ai valori di fondo che vanno dall’anticapitalismo all’antifascismo, all’antirazzismo dei comunisti, ma anzi ci darebbe l’opportunità di portare battaglia e confronto laddove ci sono i soggetti, laddove si produce conflitto nella spontaneità di massa. Ci darebbe l’opportunità di affermare questi valori ponendoci all’altezza della complessità sociale, politica e culturale che oggi ormai è una realtà da cui non si torna più indietro.