La vittoria delle sinistre in Cile non è un successo elettorale qualsiasi, un tassello in più nelle ultime tornate elettorali in America Latina, dopo il ritorno del bolivarismo del MAS in Bolivia con Arce, le vittorie di Castillo in Perù, della Castro in Honduras, la riconferma di (un discutibile Ortega ma pur sempre scomodo agli yankee…) in Nicaragua e il successo che già si prefigura più che probabile dopo la devastazione sociale di Bolsonaro per un redivivo Lula e le sinistre in Brasile. Ma attenzione, perché quella in Cile non è una vittoria del solo popolo cileno.
Ce lo spiega molto bene Lidia Undiemi in questo video, evidenziando due cose: la prima che proprio il Cile con il colpo di stato di Pinochet e della CIA, la repressione sanguinaria dell’esperienza di Unidad Popular e l’assassinio di Allende, dava il via al laboratorio neoliberista dei “Chicago boys”, che avremmo visto nei decenni in tutto il mondo occidentale e non solo, e che perdura anche oggi. Dunque, questa svolta in Cile (come ci si auspica) segna insieme a un’America Latina che cambia volto ed è sempre meno cortile di casa degli USA, rappresenta un evento simbolico di forte segno antiliberista. Certo ciò non significa che il neoliberismo sia in crisi, ma rafforza l’idea che con la lotta di classe e le forza del popolo è possibile invertire le tendenze reazionarie, anche le più pericolose. Cosa non da poco.
L’altro aspetto che la Udiemi rileva è la differenza tra la sinistra cilena (e quelle latino-americane in generale) e la sinistra europea. Mentre la prima rappresenta un’opzione sociale e popolare alternativa al capitalismo neoliberale, la seconda è del tutto interna alle politiche imperiali delle oligarchie neoliberiste. Spesso ne è l’asse portante, come accade in Italia con il PD, il quale rappresenta la finanze e le multinazionali, il globalismo neoliberista molto più delle destre, le quali invece sono espressione del piccolo capitale.
Il Cile di Allende e oggi di Boric, dunque, ci lascia in dote l’autentica alternativa anticapitalista, popolare, socialista, cosa deve essere la sinistra, come questa debba tornare ad essere espressione delle aspirazioni generali delle masse popolari a una società democratica che abolisce sfruttamento, privilegi, predazione, ingiustizie sociali. Un sistema basato sulla pianificazione dell’economia in funzione degli interessi della classi popolari e non un liberismo di mercato che premia i più forti in una sorta di legge della giungla dissennata, come è oggi.
Non privatizzazioni, ma welfare pubblico, servizi che lo stato garantisce a tutti, non deregolamentazione del mercato del lavoro ma lavorare meno e lavorare tutti, non rendite e speculazioni, non concentrazione delle ricchezze, ma reddito sociale garantito e universale. Non concentrazione dei poteri nelle mani degli agenti dell’oligarchia finanziaria, ma democrazia economica e sociale, partecipazione dei lavoratori all’edificazione di uno stato di tutto il popolo e alle decisioni fondamentali che riguardano il paese mettendo in relazione la democrazia rappresentativa con quella diretta dei consigli.
Su questo asse è possibile parlare di transizione al socialismo e poi al comunismo.
(Nella foto in evidenza: Catalina Duarte, ballerina del Teatro Comunale di Santiago del Cile, dopo la vittoria elettorale delle sinistre)