Era il 30 settembre 1944, nel secondo giorno in cui avveniva l’eccidio di Monte Sole, a pochi km da quei luoghi, a Grizzana in località Famaticcia di Savignano, mio cugino Enea Macentelli veniva ucciso in un’esecuzione a opera di SS naziste.
Era stato ufficiale medico in Etiopia e poi dopo essere stato prigioniero degli inglesi era tornato in Italia. Per alcuni mesi era stato con i miei a Casaglia, sulle colline di Bologna, suo Zio e mio nonno l’avv. Domenico Macentelli, cattolico popolare, era un esponente del CLN bolognese, ed era già stato oggetto di aggressioni fasciste.
Enea tornò poi in montagna, a esercitare la sua professione di medico condotto nella terra dove ha origine la mia famiglia: Granaglione, Grizzana, la zona di Porretta. Fino a quando non fu fermato da un reparto meccanizzato delle SS, rinchiuso in un casolare e poi la mattina dopo ucciso con un colpo in testa. Nei ricordi di famiglia c’è l’immagine di mia zia Gitta, la maestra, sorella di mio nonno, andare su per Montovolo con un carretto, a recuperare il corpo del nipote. Posso immaginarmi lo strazio e il dolore per tutta la famiglia. I genitori di Enea, Cordelia e Giuseppe (abitavano a Bologna in via Valeriani) hanno seguito il figlio nel giro di pochi mesi.

Mi sono chiesto per anni il perché mio cugino Enea fosse tra i caduti del Sacrario in piazza Nettuno, dove sono i partigiani. La risposta è venuta dalla scoperta di mio fratello in questa pagina: risulta essere stato partigiano della 63ma Brigata Garibaldi “Bolero”. Un Brigata partigiana che ha pagato un tributo molto alto nella Resistenza, poiché operava a ridosso della città, tra Casalecchio e la zona Montana limitrofa.
Posso solo fare congetture. Penso che Enea per il suo mestiere di medico fosse utile come sanitario di brigata e che abbia curato diversi suoi compagni. Ai fascisti di oggi, per mio cugino e per Monte Sole, così come per tutti i crimini da loro commessi prima, durante il Ventennio e nella Guerra di Liberazione, dico che ho un conto da saldare. Dopo la guerra siamo stati troppo buoni. ma devono stare molto attenti, perché il vento fischia ancora.