Quello che una sinistra dovrebbe fare, e ancor prima inserire in un qualsiasi suo programma sociale ed elettorale, economico e politico d’alternativa, dovrebbe avere queste tre parole come elementi suoi centrali. Il governo Draghi è il peggior governo ultraliberista che abbiamo in Italia e il suo piano concordato con l’Unione Europea per ottenere le briciole (perché tali sono…) del PPNR, è fatto di disposizioni che beneficiano i privati nella sanità, nell’edilizia scolastica, nelle opere edili e infrastrutturali, nelle politiche del Mezzogiorno. Il capitalismo ultraliberista al comando in Italia cerca di costruire una buona uscita dalla pandemia sulla pelle di milioni di proletari e delle classi popolari.
Questa classe dirigente fatta di comitati d’affari e finanza pensa di risolvere i grandi problemi che assillano l’intero sistema in crisi di egemonia e in sofferenza nella competizione globale con i soliti meccanismi della “libertà dei mercati”. Per cui anche solo delle riforme che cercano di risolvere le vere emergenze sociali come quella della casa, del lavoro diventano improponibili misure eversive e rivoluzionarie. Così sarebbe la riforma elle abitazioni che stanno cercando di adottare a Berlino: l’esproprio di abitazioni sfitte a quei fondi che ne posseggono almeno tremila. Leggete questo link:
I nodi però stanno venendo al pettine e sempre più masse di reietti, ossia settori sociali invia di proletarizzazione, hanno compreso che in questo schemino Ponzi (continuo a tenermi profitti, rendite e finanziamenti pubblici e tu continui a pagare gli ammanchi e le perdite) c’è qualcosa che non va.
In realtà basterebbe una sana politica di buon senso per affrancarci dal giogo capitalista e ripensare a una società che sia in grado di pianificare una redistribuzione della ricchezza sociale e mettere al primo posto le esigenze primarie e di vita della gente. I privati non sono indispensabili, al contrario: sono fonte di abbassamento della qualità di prodotti e servizi proprio in virtù della massimizzazione dei profitti, proprio per l’egemonia dei più forti che fanno cartello, alla faccia della libertà dei mercati. Il neoliberismo è in realtà un accordo costante tra forze maggiori del capitalismo per condividere vantaggi reciproci sulla pelle dei più deboli. Dunque dentro questo perimetro economico dove si pianifica la concentrazione dei capitali, c’è buona intesa tra i colossi della finanza, tra le multinazionali, tra le lobby.
Sul piano epocale, il capitalismo ha dimostrato ampiamente di non essere in grado di sorreggere il suo stesso sistema con gli strumenti della democrazia liberale, ossia quell’insieme di regole, codici, patti tra classi sociali che dal 1789, anno della Rivoluzione francese, hanno dominato con alti e bassi, tra repressioni sanguinarie antiproletarie e fascismi, e avvento del suffragio universale e delle democrazie rappresentative il mondo occidentale nel suo complesso. Ci sono voluti due conflitti mondiali per ri-orientare il sistema capitalista nel welfare e nel keyneisimo sui binari della liberal-democrazia.
Ma con l’avvento del neoliberismo, iniziato negli anni ’80 e con la caduta del socialismo reale, e nell’acuirsi di una crisi sistemica oggi il capitale si avvia a divorziare dalla sua stessa democrazia borghese, verso un totalitarismo disciplinare, selettivo, per caste, che non farà prigionieri. Il green pass è un passaggio fondamentale per abituare la popolazione alla discriminazione meritocratica, allo scambio diritti per comportamenti, a chiudere l’era dei diritti universali, della grande falsa coscienza classista denunciata da Marx, per entrare nell’era del darwinismo feroce, dalla democrazia all’aristocrazia, dal parlamentarsimo all’oligarchia decisionista dei pochi sui tanti.
Per questo, e non per delle leggi economiche “cinesi”, welfariane, il socialismo è all’ordine del giorno. Espropriare, nazionalizzare (ovvero socializzare) e pianificare è la strada giusta. Il socialismo è nelle cose. Dall’altra parte, che sia capitalismo privato delle multinazionali o burocrazia di Stato e di partito, c’è la logica del dominio del capitale sul lavoro, in senso neoliberale o in senso welfariano, c’è la logica del controllo sociale, del pass che sia sanitario o meritocratico, dei dispositivi di controllo digitale, di rete, biometrico, iper-tecnologico.
Le masse deideologizzate sono solo il sintomo di un’incapacità del marxismo odierno di andare oltre i suoi limiti storici e politici. Nessuna rifondazione è avvenuta. E questo spiega l’incapacità di leggere ciò che sta accadendo da parte delle principali organizzazioni comuniste italiane. Inidonee a essere avanguardie di classe. Avulse da qualsiasi approccio materialistico-dialettico basato sulle contraddizioni, di intervento nella società basato sul metodo dell’inchiesta, di costruzione di un potere popolare dal basso a partire dalle contraddizioni sociali e dall’inchiesta sul campo. Molto più comodo non parlare e non confrontarsi su ciò che emerge dalla società e nel conflitto reale di classe. Si interpretano le lotte operai solo cme scampoli di un conflitto passato, senza esserci riattualizzandole. E ciò è come non esserci.
Il marxismo rivoluzionario è vivo solo se noi lo facciamo vivere, rompendo gli steccati di un dogmatismo comportamentale spacciato per lotta di classe e per socialismo scientifico.