Ho voluto mantenere il titolo di default perché in effetti il mondo lo stiamo salutando. Pensavamo di averlo in pugno con la potenza della nostra tecnologia, ma lui sta fottendo noi. Per una semplice ragione: perché il nostro mondo è finito.
Noi l’abbiamo trattato come se fosse uno spazio infinito, pieno di risorse che non si esauriscono mai, ma lui ce lo sta dicendo in tanti modi: dall’effetto serra con lo scioglimento dei poli e l’innalzamento delle temperature alla prossima fine dei combustibili fossili: non ce ne è più. Dall’Amazzonia all’Africa bruciano le foreste, i polmoni del mondo a causa di incendi voluti da speculatori senza scrupoli che distruggono milioni di ettari di verde, depredano le popolazioni indigene, massacrano e uccidono per le loro monocolture intensive di soia. Oggi la Cina colpita da dazi statunitensi, per questo alimento insostituibile si rivolge al Brasile e inizia la corsa al grande business.
Ma se il male profondo che distrugge il mondo è il sistema con il quale produciamo e consumiamo, questo ha un nome: capitalismo. La legge del profitto è al centro di ogni politica, così come i mercati sono al centro di ogni transazione umana. Questa è la verità, persin banale, che ci troviamo davanti. L’abbiamo sotto il naso ma nessuno vuole vederla. Neppure chi si è fossilizzato sulle antiche formule del socialismo e ha ancora davanti a sé il “faro guida” del produttivismo stakanovista e vede la Cina come nuovo modello da cui far uscire il comunismo dall’orfanatrofio.
E allora possiamo fare la raccolta differenziata, diventare vegani, come diceva Giorgio Gaber: “regalare i blue jeans ai nonni, star seduto come un indiano…”, ma fino a quando non creiamo da queste contraddizioni esplosive e autodistruttive, che non sono certo solo ecologiche, un movimento che sovverta questo modello di produzione e consumo, di relazioni sociali mercificate e di sfruttamento degli esseri umani e della natura, non faremo un solo passo in avanti. Anzi ne faremo tanti verso la dissoluzione del genere umano e del pianeta. E non ho detto tutto.
Il resto alle prossime. Hello world!