Ho atteso qualche giorno prima di riprendere i miei post su questo mio blog. Non perché non comprendevo cosa stia accadendo, ma per poter fare delle considerazioni in modo più sintetico ed esaustivo. Ricapitolando, anche a beneficio dei posteri, un virus si è diffuso nel mondo partendo dalla Cina: uno della famiglia dei Coronavirus denominato Covid-19. Tra i paesi di secondo contagio c’è anche il nostro, anzi, soprattutto il nostro, che in Europa sta dando il più altro tributo di vittime. Siamo già dopo un mese oltre i diecimila. Ma la gran parte dei contagiati non sono individuati, così come molti che si fanno la malattia in casa e lì spesso muoiono.
Le zone più colpite sono la Lombardia, il Veneto, alcune zone dell’Emilia-Romagna e parte delle Marche. Ma il Covid ormai si sta diffondendo su tutto il territorio nazionale. Ma sul perché ci torno più sotto.
Le misure prese dal governo sono del tutto inadeguate: sia per monitoraggio del contagio attraverso il tampone: che viene fatto solo a chi mostra sintomi conclamati, sia per la scarsità dei presidi di sicurezza, mascherine, guanti occhiali, introvabili per la popolazione, ma anche inadeguati o assenti per il personale medico che sta affrontando la situazione. Dottori, infermieri e oss stanno pagando un costo molto alto in vite umane, costretti a operare sul campo senza mezzi diprotezione adeguati.
Un altro grave problema è la quantità enorme di contagiati con sintomi della malattia polmonare che intasano i pronto soccorsi e i reparti degli ospedali. Insomma, tutti i tagli alla sanità fatti negli scorsi decenni da tutte le forze politiche che hanno governato si sono rivelati la vera causa delle migliaia di decessi e dei contagio tra il personale medico e paramedico. Le delocalizzazioni poi hanno fatto il resto: il nosto paese è stato preda di capitalisti privi di scrupoli, interessati solo al profitto, che hanno licenziato e chiuso stabilimenti per andare a produrre nei paesi del terzo mondo, in Asia, Cina, India, ma anche in paesi dell’Est Europa come la Romania. Per questo non abbiamo aziende che producano i loco prodotti sanitari e di sicurezza, quindi subito pronti per essere utilizzati in questa situazione di emergenza.
A questa inadeguatezza di un welfare allo sfascio e di un apparato industriale che non può far fronte a questa situazione, si assomma la schizofrenia delle misure di quarantena sociale adottate dal governo, con una ciminalizzaizone dei comportamenti e una distrazione sulle vere responsabilità sui territorio che stanno dando i livelli più alti di vittime. Schizofrenia perché non si può uscire per andare a pisciare il cane, ma si deve continuare ad andare a lavorare. Logica avrebbe voluto che si fermasse tutto, eccettuati i settori preposti al sostentamento, alla cura e all’energia per la popolazione. Le vere responsabilità sono ascrivibili a Confindustria che ha battuto i pugni sul tavolo per non fermare nulla, imponendo a un ennesimo governo che fa gli interessi della classe dirigente. Così mentre Amadeus, Fiorello e Jovannotti ce la menano sullo stare a casa, sui mezzi trasporto mattina e sera si accalcano milioni di lavoratori alla faccia del metro di distanza, che vanno a lavorare in posti di lavoro, anche là spesso accalcati nei cicli del valore senza adeguati mezzi di protezione.
Se guardiamo la mappa dei contagi e la sovrapponiamo a quella delle aree del manifatturiero vediamo che coincidono: Milano, Brescia, Bergamo, Piacenza, Modena… chi lavora si contagia, va poi a casa e contagia i propri familiari. E poi ci stupiamo della fila di camion militari con le salme che escono da Bergamo per andare in Emilia o in Friuli perché in città non c’è più posto per le cremazioni. Questo, poi, è un retroscena tra i più tragici: migliaia di cari defunti ai quali viene impedito per il rischio di contagio di accompagnarli per una degna sepoltura, un rito. Gente che entra in ospedale e i parenti non ne sanno più nulla fino alla telefonata delle autorità. Come in guerra.
A questa situazione schizofrenica e demenziale persino per un padronato, che forse avrebbe guadagnato di più col tempo da una fermata generale per poi ripartire, invece di contribuire alla diffusione del contagio per i profitti immediati, le lavoratorici e i lavoratori hanno risposto con fermate spontanee un po’ ovunque: Ciò ha spinto i sindacati concertativi a una trattativa con governo e Confindustria che però non ha portato a nulla. Questi pompieri non sono stati neppure in grado di oganizzare uno sciopero generale. Lo ha fatto l’Unione Sindacale di Base che, nonostante il silenzio prima e dopo di tutti media di regime, ha raccolto un vasto consenso e successo. Per questo il garante ha sanzionato USB, vietando scioperi per tutto aprile. Un clima di guerra e di repressione nazionalista, tra inno di Mameli, richiami alla patria e censura sistematica di ogni voce critica.
In questi ultimi giorni stanno iniziando episodi di esproprio della spesa nei supermercati come a Palermo, che i bugiardoni di regime si sono affrettati a definire episodi di “sciacallagio del sottobosco mafioso”. Questa fermata ha nei fatti gettato nella miseria nera chi lavora nell’economia sommersa, e che oggi non può lavorare e perde nel lavoro nero l’unica fonte di reddito, sopratttto nel Mezzogiorno. Certo, il rischio che la criminalità organizzata possa per esempio investire in imprese al collasso riciclando il proprio denaro sporco è un’eventualità non certo remota, ma da qui a criminalizzare un’intera parte di società a cui questo Stato non ha mai garantito lavoro e reddito ce ne passa ed è un’ennesima operazione schifosa, che è mossa solo dal timore che la situazione sociale diventi esplosiva.
Un altro capitolo importante è:
– da una parte la capacità di paesi a capitalismo di Stato come la Cina, che è stato il primo focolaio nella zona di Wuhan, di reagire in tempi brevi e di uscire dall’emergenza grazie alla pianificazione e alla centralità dello Stato su tutto il sistema-paese. Tanto che oggi ci sta inviando materiale sanitario: dalle mascherine ad apparati per la respirazione artificiale e altro, oltre che personale medico. Anche da Cuba arrivano dottori, quelli che da sempre sono in prima linea nell’affrontare Ebola in Africa e le peggiori epidemie nei cinque continenti. Dalla Russia sono arrivati a Pratica di Mare diversi aerei carichi di mezzi di protezione sanitari;
– dall’altra è l’incapacità dell’Unione Europea di definire e attuare un piano di emergenza comune. Ogni paese va per conto suo. Ci sono paesi come Repubblica Ceca, Francia e Germania, che hanno requisito in dogana spedizioni di mascherine destinate all’Italia. Ognuno si è chiuso nei suoi confini. Ma se ancora ci fosse bisogno di capire che razza di sistema è l’UE dopo il massacro della Grecia e il caos litigioso sulla questione migrazione, nella riunione dei capi do governo si sono schierati due schieramenti: nove paesi con in testa l’Italia, tra cui Francia, Spagna e Portogallo che chiedono l’emissione di eurobond e l’adozione del MES senza quei rigidi criteri di restituzione a interessi cravattari. dall’altra lo zoccolo duro del Nord Europa guidato da Germania e Olanda che non vuole condividere i costi dell’emergenza, anzi ci vuole guadagnare come ha sempre fatto con le solite disparità sul debito pubblico e la bilancia commerciale. Dalle istituzioni europee è venuta la “concessione” di sforare sul pareggio di bilancio, ma è ovvio che per la portata della crisi prima e dopo questa emergenza ciò non è sufficiente. In una simile situazione il ronte “rigorista” ha preso tempo: due settimane, mentre i cittadini europei crepano, non lavorano e le economie nazionali vanno allo sfascio.
Dunque, questa somma di avvenimenti stanno facendo capire in pochi giorni alla gente quello che noi della sinistra anti-UE e anticapitalista abbiamo sostenuto per anni: l’Europa politica come sistema unitario non esiste e quella economica è guidata da un branco di approfittatori al servizio della propria speculazione finanziaria con lo shopping che già questa pregusta di asset e gioielli produttivi dei paesi in maggior crisi. Se la rivolta sociale, a cui il governo crede di far fronte con qualche spicciolo e con il contenimento repressivo, si salda con la politicizzazione di massa la polveriera che si è creata in queste settimane esplode.
Il cigno nero su questo sistema è arrivato. E ciò che uscirà da questa grande crisi non è dato ancora sapere: la situazione non prevista (o meglio che non si è voluto prevedere) può avere sviluppi altrettanto imprevedibili. Certo è che il mondo non sarà più come prima. Non il mondo delle periferie africane, dove è normale morire di denutrizione o di una banale malattia e ci sono tassi di mortalità da far impallidire quelli che stiamo vivendo in questi giorni. La crisi è tutta del mondo opulento, abituato a un tenore di vita e a una pace sociale adeguati a vivere con le fette di mortadella sugli occhi. L’ideologia darwiniana del peggior neoliberismo che si è ripreso tutte le conquiste sociali e sul lavoro dell’ultimo secolo, si è ben saldata con quella socialdemocratica della falsa coscienza umanitarista che cela l’egoismo classista e la tutela di ceto, ossia dei settori sociali che giocano a fare ancora i “garantiti” nelle aree del capitalismo avanzato nell’ipocrisia della falsa solidarietà per il migrante, quando le cause delle sue disgrazie sono proprio le politiche e le azioni dell’Occidente finanziarizzato e neoliberale: guerre, rapine di corsi d’acqua e di territori fertili, debiti, distruzione dei mercati di prossimità, pauperizzazione.
Il Covid ha spazzato via ogni certezza su cui si era cullato il mondo delle cittadelle capitaliste, le metropoli con i loro gironi danteschi fino alle periferie ai margini dell’opulenza consumistica. D’ora in poi questa incertezza precipita ogni soggettività sociale dell società capitalistica centrale nell’era della paura. Pensavamo che fosse la guerra alle porte (e che ancora lo è) a essere la variabile incontrollata e immanente. Ora abbiamo scoperto che è altro. Perché dopo questo abbiamo capito quanto sia effimenro e transitorio questo sistema, come si poggi su delle sabbie mobili. Gli scenari possibili sono altre ondate virali (quando ancora non sappiamo veramente come sia nato questo contagio, in un contesto mondiale fatto di laboratori che creano e sperimentano di tutto). Guerra, frammentazione nazionalista post-globalista, rivoluzione sociale.
Il Covid ha precipitato l’intera società in una crisi che non è solo economica ma di modello economico-sociale, dove i giochi in un paradigma aperto e a varianti imprecisate, in post-Fukuyama si riaprono: il capitalismo non è né eterno e nemmeno millenario come le civiltà ultrasecolari di millenni fa. E allora si tratta di iniziare a porre dei punti fermi di ragionamento, per un passaggio epocale che quanto meno sarà segnato da lotte sociali di vasta portata, così come da tentativi di restaurazione reazionaria e repressiva di cui ancora non conosciamo la connotazione.
Ormai sono chiari alcuni passaggi politici rilevanti a sempre più persone. All’insostenibilità del modello di produzione e consumo capitalistico per l’ecosistema, si aggiunge l’insostenibilità del lassez faire ai mercati, il mercato regolatore, la teoria del più forte vince come certezza del massacro e di un mondo fatto di barbarie tese alla predazione più pura e alla selezione per censo. E in concreto questa insostenibilità nel contesto continentale europeo si caratterizza come totale fallimento dell’Unione Europea come processo di integrazione tra paesi e codtruzione di un ambito comune paritario: quello che Lev Trotzky, ma anche Altiero Spinelli definivano Sati Uniti d’Europa. Il sogno euroriformista si è infranto ora. Non laddove già era chiaro con l’aggressione alla Grecia di Tsipras da parte della troika cinque anni fa e con la trasformazione di un governoprogressista in un Quisling contro il proprio popolo. Il dogma ordo e neoliberale europeo si è infranto nel “si salvi chi può” e “ognun per sé” vergognoso a cui stiamo assistendo con chiarezza adamantina in queste settimane. Persino la classe politica al governo, che da sempre ha fatto i compiti a casa, che stava accettando l’ennesima porcata, il MES, che ci avrebbe indebitato ancora di più e costretto a tagli della spesa feroci e alla distruzione selvaggia di diritti sociali, si è rifiutata di accettare il passaggio austeritario dei rigoristi nor europei. Possiamo dire che l’Europa è morta. E se proseguirà e noi l’accetteremo come paese, vuol dire che moriremo noi.
Ormai è altrettanto chiaro il ruolo criminale della classe dirigente italiana che neppure il tronfio nazionalismo della bandiera e dell’inno ai balconi può mitigare. Confindustria con la sua pletora di aziende e aziendine, rappresentata da un padroncino fallito e miserabile, è con evidenza per tutti la responsabile della diffusione del Covid dal mondo del lavoro alle famiglie. Ci vorranno mesi, forse anni per uscirne. Si è affermato l’interesse immediato dei ceti dirigenti, quelli che realizzano profitto, ma soprattutto la loro necessità di esercitare comando, perché la classe capitalista è tale se è libera di esercitare l’attività di valorizzazione del suo capitale o del capitale preso a presitito dalla finanza. Neppure durante il bienni ’43-’45 era stata messo in discussione questo comando, questa facoltà, questa autorità. E il governo deve stare al suo posto. Ecco perché il paese non si è fermato, perché sono stati criminalizzati i runner, le signore col cane, i genitori al parco con i figli. E l’Italia rappresenta un laboratorio reazionario di questo comando, che ordina di stare a casa, ma proibisce gli scioperi in una sorta di schizofrenia bipolare che solo la retorica patrioddarda da hola calcistica può cercare di dissimulare, oltre ai bugiardoni quotidani sui numeri che crescono di vittime e contagi in idiosincraia con i proclami rassicuranti.
Dentro o fuori dalle case, adesso e dopo, c’è tanta materia politica su cui lavorare. Individuo sostanzialmente quattro punti di forza che dovranno a mio modesto parere essere gli elementi cardine di una lotta politica per il cambiamento radicale di paradigma, di modello economico-sociale:
– la sovranità democratica, della nazione intesa come popolo, ma popolo lavoratore, e lo Stato composto da organismi di partecipazione popolare come camera di compensazione dei differenti punti vista, accomunati però dalla necessità di rompere la dipendenza verso gli euro-burocrati e tutti i comitati d’affari traditori, per passare dalla centralità dei mercati e dei profittia quella dei bisogni sociali, dei diritti, dei beni comuni, del welfare pubblico attraverso…
– la pianificazione, sovranità popolare dunque democrazia e pianificazione sono interconnesse. Deve finire l’era dei “capitani coraggiosi” del capitale straccione, familista e parassitario che affida i propri risparmi alla grande finanza anglosassone e del nord Europa, che distrugge l’econmia del paese affidando il meglio alle filiere teutoniche, agli “investitori”. L’Italia deve essere indipendente sul piano economico e pensare ad altre alleanze, a un quadro geostrategico differente. Lo stato, il governo del paese deve pianificare. Non si tratta al momento di realizzare il socialismo, che per altro non c’è neppure in Cina o a Cuba, ma un sistema ad economia mista dove al centro c’è lo Stato e la sua autorità nel pianificare l’intera economia; e da questo discendono due passaggi ineludibili:
– le nazionalizzazioni nei settori nevralgici dell’economia del paese: dalle comunicazioni ai trasporti, dall’energia alle multiutilities in generale, dalla finanza e dalla banca centrale che deve divenire prestatrice di ultima istanza ad altri settori rilevanti soprattutto del welfare, uno stato sociale che va ricostruito meglio di prima e per far questo…
– la moneta sovrana, uscendo anche dall’Eurozona, senza dover prendere a strozzo una moneta comune che oggi rivela tutta la sua definitiva impossibilità a governare un sistema Europa totalmente asimmetrico e sbilanciato verso alcuni paesi più forti a discapito degli altri.
In definitiva… non sarebbe il Socialismo, ma sarebbe comunque una profonda e radicale rivoluzione sociale e politica, dove protagonisti sarebbero i vasti e maggioritari settori sociali del lavoro sia dipendente che autonomo. E’ l’anello mancante della strategia politica comunista, che sul piano tattico ha dimostrato in altri contesti di saper unificare su un programma comune classi sociali anche in conflitto tra loro, soprattutto nelle strozzature contingenti della storia come questa. Per primo i bolscevichi e la capacità straordinaria di Lenin di unificare la vasta massa contadina con l’esiga componente operaia in Russia, durante la Rivoluzione d’Ottobre, sfruttando le condizioni di fame, miseria, decimazioni nella guerra imperialista. Una visione strategica che Gramsci ha saputo affinare e declinare in concetti fondamentali come “egemonia” e “blocco storico”.
Mi scuso, non sono un economista e so che sopratutto tre punti su quattro, i successivi al primo, andrebbero sostanziati molto meglio di quanto ho fatto in queste poche righe. Ma non ci vuole un economista per capire cosia sia arrivato al capolinea della storia e cosa si profila a un orizzonte oggi meno lontano