Il gattopardo

Il gattopardo

È nato il “nuovo” governo. Dopo mesi in cui quello precedente ha proseguito l’opera repressiva verso i movimenti e i migranti, ha giurato fedeltà a UE e NATO, dopo che Salvini, il fascista più imbecille della storia si è fatto harakiri chiedendo le dimissioni di Conte, non è cambiato nulla.

I menopeggisti sinistrati ci hanno raccontato che se venivano su le destre lega-fasciste sarebbe successo il Cile. E oggi esultano insieme a Ursula Von Der Leyen, Confindustria e Trump per il Conte bis. Il teatrino dei pupi ha visto all’opera il falso imbonitore europeista, il Salvini che doveva sostenere gli interessi di una borghesia con gli interessi collocati sul territorio d’appartenenza: la media borghesia imprenditoriale, i padroncini che hanno scommesso in lui da nord a sud del paese. Ma era così smaccatamente idiota nella sua campagna elettorale perenne, che alla fine è riuscito a provocare un malumore di massa. Temi agitati? Ma quelli della migrazione, delle ong non certo quelli del lavoro, dei salari, dello stato sociale, tutte cose che stanno andando in malora, una sanità al collasso. Ai filantropi sinistrati tutto questo non interessa. Mentre i sovranisti di sinistra vedono i diritti civili come la peste, al contrario i diritti sociali non albergano più nella scala delle questioni politiche della sinistra euro-riformista, filo-piddina, civatiana, leuista boldriniana e compagnia cantante. Se questa è la sinistra oggi è meglio spararsi.

Dunque su battaglie politiche di superficie (non che la questione migranti non sia importante, tutt’altro), su un antifascismo strumentale e passeggero, si è giocato il cambio di governo. E oggi gli attuali ministri possono dire in tutta tranquillità, come la ministra dell’interno Lamorgese che i porti resteranno chiusi (figurarsi toccare gli accordi sui lager per migranti fatti dall’ex ministro Minniti con i tagliagole libici!), che il jobs act è stato salvifico per l’econimia del paese, vedi la rinnnegata Bellanova, che ora con la tav si procederà a spron battuto, come dice la neoministra delle infrastrutture De Micheli. Tutte in quota al PD, ovviamente. Che ora ha mano libera e il guinzaglio di Bruxelles un po’ più lento sui conti, per proseguire la rapina del paese: dai risparmi degli italiani, alla precarietà del lavoro eretta a norma, dalle privatizzazioni d’ogni tipo alla cementificazione del paese, fino all’autonomia differenziata, in un’Italia dove la divisione tra nord e sud, le differnze sociali, le disparità sono sempre più mostruose.

C’è poco da stare allegri. Altro che abbiamo sconfitto il fascismo! A parte il fatto che la resa dei conti è solo rimandata alle prossime elezioni, e se proseguirà come sicuro la macelleria UE non si prefigura nulla di buono negli esisti eletorali per le forze di governo, lo scontro politico e gli eserciti sociali messi in campo sono solo quelli delle due frazioni della borghesia. E nessuna delle due è progressista. Manca il convitato di pietra.

In paese in cui abbiamo il più forte movimento di resistenza popolare al core business del grande capitale industriale: il NoTav contro il comitato d’affari cementiero per il saccheggio di danaro pubblico (a cui si aggiunge il movimento NoTap), dove forte è il disagio per la distruzione di posti di lavoro, la precarizzazione sempre più estesa, la proletarizzazione di buona parte dei ceti medi, mentre inizia la seconda parte della distruzione dello stato sociale nel grande progetto “europeo” di liberalizzazione totale dei sistemi-paese, non può non nascere una reale resistenza organizzata, questa sì antifascista perché oggi il capitalismo è totalitarismo dei mercati.

La borghesia capitalista lo sa bene che il convitato di pietra si farà vedere. Anche perché le bugie populiste della destra hanno le gambe corte. Ed è qui che dobbiamo esseci noi comunisti, a questo appuntamento con la storia e con lo sviluppo della lotta di classe nel nostro paese e a livello internazionale. Questa massa eterogenea e difficilmente ricomponibile deve comprendere la situazione, quella parte maggioritaria del paese che ha tutto l’interesse di spezzare la gabbia austeritaria e predatrice dell’Unione Europea, ma non lo sa. O se inizia a saperlo declina il problema secondo un punto di vista sciovinista, quello delle destre. Deve comprendere che un socialismo all’altezza dei tempi, nei suoi passaggi politici ed economici, così come culturali e di composizione sociale, è la sola alternativa possibile a questo mostro sociale che ci stanno costruendo come una camicia di forza.

Proseguire la lotta contro il gattopardo, che oggi assume le sembianze rassicuranti di un governo ragionevole e che ha a cuore i cittadini, che sostiene di superare l’odio, è il primo passo del dopo Salvini. Senza ascoltare le sirene del menopeggismo, del voto utile, di quelle abitudini suicide di una sinistra sinistrata completamente subalterna ai disegni politici del polo imperialista europeo, dell’atlantismo a dominanza USA e delle classi dominanti italiane legate alle politiche della finanza e del capitale multinazionale.