Eh, sì è proprio un movimento nato male quello delle Sardine. Anzi, non è nemmeno un movimento: è un fenomeno che potrà anche essere iniziato in modo spontaneo (la storiella dei quattro ragazzi bolognesi), ma poi come altri fenomeni simili ha totalmente inibito ogni spinta conflittuale per recintarla nella dicotomia odio-amore.
È dagli anni ’70 che in Italia è proibito odiare per la sinistra. Un autentico manifesto del buonismo che pervade tutte le anime candide indignate giustamente per il bambino migrante in fondo al mare, ma che difficilmente si interrogherà sulle tante cause di un imbarbarimento sociale di cui lo stesso Salvini è aedo e depositario. L’imperialismo è una categoria politica che non esiste nel mare magnum di una falsa democrazia occidentale, accettata e persino osannata. Tutto viene convogliato nell’anti-odio. Il fascismo non ha più ragioni storiche, politiche, sociali, economiche: ciò che contano sono il bene e il male. Il trionfo del cattocomunismo… senza più comunismo.
E invece, insieme a un’analisi sulle cause dei mali capitalistici che vanno devastando società e natura, quello che manca in tutti questi movimentini di volonterosi, anti-berlusconiani prima e anti-salviniani oggi, dai girotondi alla sardine, è proprio la sana riappropriazione dell’odio.
Basterebbe leggersi quello che considero il testamento (qui) di Edoardo Sanguineti: un intellettuale comunista, poeta e scrittore, animatore del Gruppo 63 (che non le mandava a dire) per comprendere cosa significa odiare.
Del resto nella vita degli esseri umani se c’è l’amore, c’è anche l’odio. C’è un insieme di sentimenti che si esprimono in diverse gradazioni: si può amare odiando, si può odiare perché si ama troppo e visceralmente. L’amore può trasformarsi in odio e viceversa.
L’odio di classe di cui parla Sanguineti, non è l’odio del leghista razzista per il “negro”, non è orientato verso un essere in specifico, in carne e ossa, bensì verso tipologie ben definite di personaggi (non persone in sé) che appartengono a ceti e classi sociali e che agiscono secondo i propri interessi. L’inibizione all’odio sulle questioni sociali riguarda proprio questo campo: il non riconoscere il nemico e perché il nemico è tale. L’odio in questo senso è consapevolezza del conflitto e accettazione di qualcosa che comunque c’è e che ti lascia solo due possibilità: o reagire e confliggere o subire passivamente. Il cattocomunista ha la reazione automatica del porgere l’altra guancia, mentre però i suoi rappresentanti sono bellamente dall’altra parte e menano fendenti contro i più deboli: l’intera politica DEM è fatta di misure economiche, politiche e sociali che impongono il punto di vista classista e neoliberista sui settori popolari della società e con dispositivi che legittimano la violenza del potere poliziesco nel nome di una legalità assolutamente di parte, faziosa, elemento della guerra asimmetrica contro un corpo sociale che deve solo subire, mai reagire.
Questo è il problema che abbiamo in Italia. Non l’odio, ma la sua mancanza, il subire, con movimenti a scopo elettorale che sono già aborti in partenza, che addirittura si autoinibiscono subito, alla prima traccia di una riflessione che vada oltre il voler battere col voto il nemico di turno, fascista finché vuoi, ma solo diversamente fascista rispetto al fascista che tu hai alle tue spalle e che tu voterai. Il bastone… e il bastone che si spaccia per carota. In un’era dove il capitalismo neoliberale ha divorziato definitivamente dalla democrazia.
Dovremmo invece diventare tutti dei Joker, perché la malattia sociale più grave, tra le tante che abbiamo, psichiche e fisiche, è quella della camicia di forza che ci siamo autoimposti in questo crepuscolo della ragione collettiva in cui abbiamo accettato tutto. Il nostro buonismo è condizione per far passare ogni tipo di porcata: spendere miliardi in TAV e F35, ossia far guadagnare mafie edilizie e complesso militare industriale USA coi soldi nostri e nel contempo distruggere il territorio e aumentare i rischi di guerra, mentre ponti e strade esplodono nel dissesto idrogeologico; accettare l’ennesima misura: quella che ridurrà definitivamente il nostro paese in un batustan dei potentati nord europei come il MES, la distruzione di un intero tessuto produttivo nel nome di un concetto falso e demagogico come l’europeismo. Accettare che ti piscino in testa dicendo che piove.
Come un esercito di Joker dovremmo invece bruciare tutto e rifare da capo il mondo, la marxiana negazione della negazione. L’odio c’è, ma noi masse di lumpen del gnocco fritto alle festedelunità siamo le uniche a cui viene impedito di esercitarlo. E allora quando siamo in questi movimentini l’unico senso che ha questo esserci è quello di buttare per aria le narrazioni tossiche contro l’odio, portare il fuoco di Prometeo, fisico e metaforico – dell’azione e dell’analisi – tra i lobotomizzati del buonismo. Un vero movimento in Italia è ancora al di là da venire. E non sarà certo un banco di pesci boccaloni che seguono il ragazzetto di turno (Mattia Sartori) mentre sventola con il voto utile la faccia del Bonaccini pescecane, a cambiare lo stato di cose presente.
Sarà un movimento che sparerà in faccia all’anchorman, che incendierà le strade, che romperà le transenne e lincerà i tutori dell’ordine borghese, che soffocherà i finti genitori che ci hanno raccontato di una Resistenza fatta di fiori e amore e non di sangue e odio sacrosanto, che griderà le uniche parole che possono portarci fuori da questa merda: Que se vayan todos!