Insalata… bielorussa

Insalata… bielorussa

Ma forse è più appropriata l’espressione “polenta malmenata” ciò che sta accadendo in questi giorni in Bielorussa, a seguito di elezioni che sono state un ennessimo plebiscito (80% a 20) per Lukashenko, burocrate cerchiobottista che è rimasto in sella per 26 anni e ben sei elezioni con un mix di pratiche da socialismo reale e spregiudicate aperture e promesse a est come a ovest.

Non sapremo mai se queste elezioni siano state truccate o no, data l’assenza di osservatori, ma comunque sia un 80% è difficile da discutere e una base sociale il “piccolo padre” ce l’ha e in questi giorni si sta mobilitando mentre i riflettori dei media occidentali sono tutti sull’ennesima “rivoluzione arancione”, facendo risaltare la repressione, le torture e chissà cos’altro. Ma tant’è che un paese che pur tra corruzione e potere personalistico ha ancora una base economica statale rilevante e non il neoliberismo “democratico” di ben altri dittatori economici d’occidente, è un cazzotto nel cuore dell’Europa dei trattati e del libero mercato nella miseria sociale dilagante.

Pertanto le pressioni militari e il golpismo sono già in atto: ai confini bielorussi la NATO sta accumulando forze militari e “mrs. 10%” Svetlana Tikhanovskaya, volata nella fascistissima Lituania, ha già preso le consegne dalle intelligence occidentali, CIA e merda varia, e già dichiara di voler prendere le redini del suo paese secondo l’intangibile assioma statunitense: non importa se perdi, basta che hai il nostro imprimatur e puoi diventare il nuovo presidente. Film già visto con il narcoterrorista Guaidò in Venezuela o con il golpismo della Añez in Bolivia. Eh beh, mi sembra giusto: in caso di probabili brogli non si rifanno le elezioni, ma un po’ come nello sport, vince a tavolino colui che è prono ai voleri imperialisti di USA e UE.

Nel caso bielorusso la partita dell’Occidente non è certo quella della democrazia, ma di conquistare al campo neoliberista un altro tassello non propriamente allineato con le politiche di macelleria sociale a cui i gli euro-burocrati ci hanno abituato da questa parte del contimente. Ma soprattutto proseguire con l’accerchiamento NATO della Russia.

L’UE è già partita con sanzioni e i media occidentali mostrano le natiche violacee di qualche manifestante “sparito” per qualche ora nelle celle della lubianka bielorussia, dimentichi dei pestaggi a sangue che la nostra polizia e i nostri CC comminano ai nostri manifestanti: davanti ai compound della logistica, su in Val Susa, giornalisti prezzolati e quindi “ignari” che nelle nostre patrie galere ci sono una sbaraccata di compagne e compagni accusati di “terrorismo” per attività di dissenso verso le grandi opere, i licenziamenti e così via, fino alle sanzioni e ai fogli di via di epoca fascistissima, ma ancora oggi usati dalle nostre questure “democratiche”.

Il quadro che ne emerge in Bielorussia è che il più pulito ci ha la rogna. La Bielorussia non è il Venezuela bolivariano o la Cuba socialista, per cui se qualcuno a sinistra si lascia suggestionare dalle “magnificenze” delle frattaglie di socialismo reale alla ricerca di scampoli di piccoli padri, non fa un buon servizio alla lotta di classe per il socialismo, quello vero. Lottare contro il nemico principale, l’imperialismo, non significa tralasciare altre forme di oppressione classista.

In Bielorussia la situazione è complessa: fiumi di danaro provenienti dall’Occidente e manovre di intelligence USA-NATO hanno falsato il quadro politico e quindi la possibilità di sviluppare una reale opposizione comunista allo strapotere personale di Lukashenko e a una cricca di potere che ripete anacronisticamente le stesse pratiche che hanno contribuito a portare alla fine del socialismo reale. Forse un secolo di lotta di classe e di esperienze socialiste avrebbero dovuto insegnarci che guasti può produrre una burocrazia totalitaria di Stato all’interno del proprio paese e più in generale al movimento di classe nel resto del mondo.

Tornare al leninismo e a Gramsci significa rimettere al centro il potere popolare vero, quello dei consigli (o soviet) e non di fare come le falene, che volano verso qualsiasi punto luce nell’oscurità dell’imperialismo e del neoliberismo. Altrimenti ci si brucia.