L’America sta ancora bruciando in decine di città, le autorità dopo aver sostenuto che “Cristo è morto dal freddo” con la patetica autopsia di parte sul corpo di George Floyd, parlano di “infiltrati” tra i manifestanti. Un po’ come la storiella nostrana dei “black blok”. Anarchici, addirittura suprematisti bianchi (gli opposti estremismi…). Ma c’è un piccolo particolare: è che quelli che loro chiamono “infiltrati” sono gruppi anarchici, marxisti rivoluzionari che semplicemente FANNO PARTE delle comunità. Io le definisco avanguardie di lotta.
Abbiamo dei cronisti di regime che definiscono “proteste per la democrazia” la guerriglia a Hong Kong e “incidenti” eccessivi la guerriglia, i riot e le proteste americane. Ma la narrazione falsa dominante inizia a vacillare in tempi di miseria sociale e disoccupazione dilagante in tutto il pianeta, persino nelle cittadelle del capitalismo, nelle sue banlieu. E i quartieri popolari a stelle e strisce sono quelli che stanno esplodendo.
Quello che questi pennivendoli non dicono è che la rivolta in USA ha delle basi e delle ragioni sociali molto forti. Questa rivolta generalizzata ci dice che la contraddizione tra capitale e lavoro, tra oligarchia opulenta e masse popolari sfruttate e oppresse è ancora più forte e stridente nel cuore stesso dell’imperialismo. Che la rivoluzione proletaria potrebbe partire proprio da lì, dopo decenni di “way of life” e maccartismo. Lo spettro del comunismo gira molto da quelle parti ora.
Punti di vista diversi: quello di chi sinora ha gestito e acuito le ingiustizie sociali e il razzismo fetido per conto di élite bianche col fine di imporre un sistema che non può più funzionare. E il punto di vista di chi questo sistema lo vuole distruggere a partire dalle proprie condizioni di miseria e alienazione, per costruire un sistema più giusto, dove il colore della pelle non conta più e la vita è dignitosa e adeguata.
I manifestanti da Minneapolis a Washington, da Oakland a Detroit attaccano ed espropriano i templi della merce, perché è di “pane e rose” che hanno bisogno. Attaccano la polizia perché è quella che tutela il potere e la sua ingiustizia con la forza. Ricchezza sociale e comando capitalista con i suoi apparati: ecco i due punti focali di una coscienza di classe che non è ancor bene coniugata sul piano costituente, ma che è già autonomia proletaria, esercizio di contropotere iniziale senza ancora essere potere costituente embrionale, che significherebbe consiliarismo e milizia popolare.
E’ evidente che ora lo scopo dei militanti più coscienti in campo non è quello di vincere sul campo militare, ma di aprire al momento forti contraddizioni nel campo avversario per creargli l’opportuna ingovernabilità, perché non possano più governare come sinora. Un modello da seguire anche altrove. Anche qua quando le condizioni sociali lo renderanno possibile.
Il capitalismo verrà distrutto là come qua e si avvierà una società socialista solo con la forza e il contropotere delle masse proletarie. Solo quando la rivolta diventerà insurrezione e manderà in tilt dal suo stesso interno, dal suo stesso ventre i dispositivi di comando. Ecco cosa significa “cambiare dall’interno” lo stato di cose. Perché il proletariato e le sue condizioni sempre più devastanti sono esattamente l’interno. Dire che sono le istituzioni significa blaterare ancora una volta le cantilene di un'”autonomia del politico” avulsa dalla realtà concreta delle contraddizioni sociali.
Ma non si pensi e non si narri di episodi inconsulti. La protesta e la rivolta americana ha un collante politico, un vasto consenso. E questa è la carta vincente che incide sui rapporti di forza. L’inizio della fine di un impero.