Con Lanfranco Caminiti ho avuto da dire su Facebook un mesetto fa per via delle posizioni diverse sulla questione del green pass. E oggi con questo articolo “Parliamo di Draghi” sul suo blog “La camera dello Scirocco” finalmente viene fuori per quello che è: un altro post-operaista che approda all’accettazione dell’atlantismo globalista puntando il dito contro il qanonismo salviniano.
E’ deprimente infatti, vedere alcuni dei protagonisti della migliore stagione conflittuale dell’Italia repubblicana, gli anni ’70, approdare dopo 45 anni dalla svolta di Berlinguer all’ombrello USA-UE-NATO, pur con tutte le foglie di fico dei distinguo politici.
Già Toni Negri con tutta la sua analisi visionaria sull'”impero”, le sue circonvoluzioni sulle moltitudini, gli esodi, la scoperta del soggetto del lavoro cognitivo, lo stile della militanza, alla fine arrivava allo stesso punto ben prima del Caminiti. E siamo sempre lì: la base ideologica e politica dei disobba, dei disobbedienti, quelli che oggi per esempio a Bologna sono una delle roccaforti elettorali del PD, un’ala sinistra che serve a raccogliere voti per un partito e le sue coalizioni che di politiche di sinistra non hanno più nulla.
Senza addentrami in questioni teoriche più profonde e articolate, Caminiti in buona sostanza ci dice che piuttosto che le destre è meglio Draghi al netto di tutte le contraddizioni sociali che questo governo sta aprendo. Vero è invece che la padella in cui ci vogliono cuocere come belle rane bollite (per parafrasare Noam Chomsky) non è certo migliore della brace. E che occorre lottare contro ambedue. Anzi a dirla tutta, nello scontro tra frazioni borghesi, tra capitalismi, tra quello globalista della turbofinanza, dei flussi di capitale sovranazionali, delle multinazionali e quello più territoriale, il piccolo capitalismo, quello vincente, ossia il primo dei due, è il peggiore. Verò è dunque l’esatto opposto di quanto sostiene il buon Lanfranco, la cui analisi era meglio che si fermasse sul serio a Scirocco e a Diritto alla guerra.
Il grande capitale delle oligarchie imperialiste è quello che ci sta portando verso una realtà sociale distopica, fortemente e darwinianamente discriminatoria, un salto antropologico che gran parte dei marxismi oggi sulla piazza non comprendono: né certi post-operaismi già visti all’opera con l’autoimprenditorialità (ascari ideologici ed ecumenici della falsa coscienza borghese), né certi altri più ortodossi che nel nome di un collettivismo demenziale (perché esercitato in pieno sistema neoliberista), accettano dei veri e propri dispositivi di controllo da guerra sociale dall’alto al basso.
Insomma, assistiamo alla fine della sinistra antagonista che da decenni si trascina dentro i suoi cortili dell’autoreferenzialità Assistiamo all’incapacità di elaborare un’analisi e un pensiero forte. E in questa deriva penosa, queste scialuppe nella tempesta capitalista, pandemica e neoliberale, finiscono per approdare, o scientemente o inconsapevolmente, nel continente del dominio assoluto del capitale sul lavoro, e di quello digitale, bio-ingegneristico e algoritmico sui corpi e sulle coscienze. Basta solo condividere un territorio scientifico neutro, franco, anzi francone, con il capitale. Come tutta l’operazione vaccini, la grande arma di distrazione di massa per una sinistra radicale ritardata, attraversa la quale sta entrando un salto antropologico e che qualifica la potenza pervasiva del nuovo fascismo liberale.
A poco serve sperare in una folgorazione sulla via di Damasco; costoro non si tolgono gli occhiali dell’ideologia: della vetero ideologia o dell’ideologia post-operaista, e non vedono la potenza operaia che si riversa attraverso il più vasto movimento popolare dal ’68 a oggi, su scala mondiale. Sono scorie del passato che non servono al nuovo che sta emergendo. E questa è la cosa preoccupante, perché senza marxismo, senza socialismo scientifico questa potenza rischia di restare imbrigliata nelle pastoie dell’ideologia dominante del capitale seguendo l’altra frazione borghese in lotta, con il risultato (tutt’altro che antifa e antirazzista) di lasciare all’estrema destra e al clerico-fascismo uno spazio di egemonia che non può restare vuoto, come la storia della lotta di classe insegna.
Un bel peso, una bella responsabilità, non c’è che dire, di cui prima o poi questi gruppetti de noantri, questi intellettuali riciclati al pensiero dell’aria fritta dovranno rendere conto politicamente.