La guerra alle porte

La guerra alle porte

Mentre nei vari paesi europei ferve un’opposizione popolare alle varie restrizioni mediante pass, e mentre in Italia le sinistre si spaccano proprio su questa questione, arrivano venti di guerra dal fronte orientale, in Ucraina.

Le frizioni tra Usa e Russia stanno precipitando e la NATO sta inviando truppe nell’area, consiglieri USA, britannici e canadesi lungo il confine con le Repubbliche autonome di Donetsk e Lugansk, armi all’esercito ucraino, rafforzando la presenza militare occidentale anche nei paesi baltici.

In specifico lo stato dell’arte è che gli USA puntano forzare la mano e inviano altri 8500 militari in Est Europa, mentre Francia e Germania frenano e si fanno mediatori di trattative tra Russia e Ucraina. Il governo ucraino da parte sua dice che la presenza di 100 militari russi al confine non è una novità e anche l’UE per boce di Borrell giudica eccessivo il ritiro di diplomatici di USA, UK e Australia da Kiev e di non drammatizzare la situazione.

A questo punto è un Biden in affanno, dopo il disastro afghano e la crisi economica interna, insieme alla pletora di interessi statunitensi che rappresenta nell’area (compresi quelli di suo figlio), a voler proseguire l’escalation. Una politica falsamente difensiva, visto che la Russia non ha la benché minima intenzione di invadere l’Ucraina, mentre i tedeschi guardano con preoccupazione ai destini del North stream e quindi alle nuive sanzioni NATO contro la Russia.

Di fatto stiamo assistendo a un’escalation bellica provocata ad arte da USA e NATO e appoggiata dall’UE pur con delle reticenze tedesche per via delle forniture di gas russo con il north stream e divergenze geopolitiche riguardo quel quadrante.

Mai come oggi però ci siamo così avvicinati a uno scontro militare tra blocco atlantista e Russia. Mai come ora la guerra imperialista è alle porte nel nostro continente. La situazione è gravida di sviluppi rapidi come una provocazione ordita dagli USA, pratica su cui si destreggiano da sempre: da Pearl Harbour all’incidente nel Golfo del Tonchino.

La questione per chiunque si ponga sul terreno della lotta alla guerra imperialista deve essere chiara. al di là delle opinioni politiche che si possano avere nei confronti di un paese capitalista come la Russia, è la Russia l’aggredita e il blocco USA-UE-NATO l’aggressore.

Non è una differenza da poco, ma elemento di analisi corretta che guida l’iniziativa politica di contrasto alle mene egemoniche ed espansionistiche di un blocco di paesi imperialisti in evidente crisi economica e politica sul piano della competizione globale intercapitalistica e degli equilibri tra potenze mondiali.

Da qui alle prossime settimane occorre mettere al più presto all’ordine del giorno le mobilitazioni contro la guerra imperialista, coinvolgendo le più larghe masse popolari, le forze politiche della sinistra di classe e antagonista e forze pacifiste in genere. Ci si auspica che il movimento contro la guerra imperialista si sviluppi in ogni paese europeo, contrastando la narrazione tossica.

C’è anche un altro aspetto che va tenuto in considerazione: questa volta la guerra è alle porte di casa delle “democrazie” occidentali europee. Non è più in Irak o in Libia, o in qualche area africana, tipo l’attuale Mali. E data la grandezza e potenza degli attori in campo non è nemmeno paragonabile alla guerra nei Balcani, con l’aggressione della NATO alla Serbia alla fine degli anni ’90, dove la Serbia non aveva certo la forza di reazione della Russia e quindi si era limitata a difendersi come meglio poteva senza minacciare alcun alleato NATO.

In questi ultimi due anni ci hanno fatto passare la demolizione di diritti costituzionali attraverso la gestione della pandemia bio-autoritaria. Hanno trasformato la percezione stessa della nostra esistenza sociale e di individui, facendoci considerare il condizionamento di regole calate dall’alto, in modo anche extralegale, come condizione di normalità.
Lo hanno fatto con una propaganda capillare che ha creato paura, divisione sociale in partigianerie opposte, caccia alle streghe. Tutto questo ha aperto a una politica economica altamente selettiva, darwiniana e discriminatoria nell’attacco all’economia di prossimità, nel favorire le grandi filiere del capitale multinazionale e della finanza che lo sostiene.
Dobbiamo dunque immaginarci cosa succederà in questa operazione bellica con la sua propaganda, che ci farà interiorizzare la guerra nella nostra stessa società Non ad Aleppo, non a Mosul, non a Tripoli, ma nel nostro stesso contesto sociale territoriale. Dobbiamo immaginarci le misure sociali che metteranno in atto, i plastici di Vespa che non saranno più edifici di Bagdad, ma elaborati di geometri nostrani che percettivamente entreranno nelle nostre case, urbanisti alle prese con le traiettorie missilistiche nei nostri adiacenti, vicini, molto vicini. Forse i nostri. Dobbiamo pensare alla criminalizzazione del dissenso, dopo che con la gestione pandemica del covid hanno perfezionato la caccia alle streghe. E ci diranno quanto è giusta e importante la guerra.
Prepariamoci.