Il Parlamento Europeo che approva una legge che indica la messa al bando dei simboli comunisti, paragonando il comunismo al nazismo viene legittimato dalla presa di posizione di una parte dei paesi membri dell’Unione Europea. Sono i paesi baltici, la Polonia, l’Ucraina che già stanno distruggendo le effigi e i monumenti dedicati all’Armata Rossa. Sono i governi che oggi hanno nel loro sistema politico forze neonaziste come Pravy Sektor e Svoboda in Ucraina, che hanno riabilitato i collaborazionisti di Hitler.
Gli obiettivi sono molto chiari: unire i paesi UE accettando le derive reazionarie e nazionaliste, inglobandole nel sistema-mercato neoliberista continentale in un riconoscimento politico direi obbligato nell’era in cui il globalismo cosmopolita è in crisi, infuria la guerra dei dazi e c’è la necessità militarista di creare nelle pubbliche opinioni il nemico congiunturale dagli occhi asiatici e il ghigno slavo.
L’idea del comunismo associato all’URSS e alla Cina, scomparsa la prima, player economica micidiale la seconda insieme alla Russia di oggi, è ancora qualcosa di ben radicato nei popoli europei, che porta USA e UE a sviluppare vere e proprie campagne d’odio e di discredito che i media occidentali governati dalle politiche USA stanno portando avanti da Euromaidan in poi.
Ma anche con l’obiettivo dare il colpo di grazia finale alla grande visione di rivoluzione sociale che il pensiero e i movimenti storici comunisti avevano incarnato per oltre un secolo dalla Rivoluzione d’Ottobre in poi, in un passaggio epocale in cui forte è il disorientamento delle classi popolari occidentali. E togliere quindi definitivamente al proletariato e alle masse popolari il punto di riferimento scientifico, filosofico e politico che può essere negazione e movimento reale che abolisce lo statopresente delle cose, il capitalismo e suoi apparati statali di regime.
Ovviamente non è il socialismo reale in quanto tale a far paura, essendo, questo sì, un’esperienza storica e sociale conclusa. Il vero obiettivo di socialdemocratici, popolari cristiani e bambocci della borghesia liberale d’ogni risma è attaccare alle radici lo strumento politico che le classi subalterne hanno adottato dalla Comune di Parigi a oggi: il marxismo.
Il nemico di classe ricama sull’utopia, sull’impossibilità di un superamento socialista del modo di produzione capitalistico, ma poi dimostra tutto il suo timore concreto ogni volta che esce un movimento di lotta popolare come i Gilet Jaunes, per esempio, e affonda la lama del suo coltello politico e legislativo sul corpo ancora vivo di un’alternativa di sistema in realtà più che possibile e sempre di più nell’acuirsi delle contraddizioni sociali contemporanee.
Il mantra stalinismo uguale nazismo serve proprio a questo. Ed ecco il perché di questa legge che consacra quasi l’intero parlamento di Bruxelles ad accozzaglia di forze reazionarie a pieno servizio degli euroburocrati e del capitale multinazionale, pronta ad accettare persino la reazione neofascista che proviene dai paesi europei dell’Est facendo finta di non vedere il fascismo montante.
Si capisce bene lo scopo reale del dispositivo di legge, se consideriamo che il fascismo e il nazismo sono banditi dal dopoguerra nelle Costituzioni antifasciste europee. La novità è l’ostracismo del comunismo in quanto tale.
E i piddini nostrani? Risulta alquanto difficile considerarli benevolmente degli utili idioti. Perché è evidente a chiunque che una legge del genere cambia la toponomastica, i cippi, i monumenti e le lapidi commemorative dell’intera Europa, figuriamoci dell’Italia, dalla Maiella alle Langhe. Solo degli imbecilli possono pensare di tirare colpi di scalpello alla Stella Rossa di Monte Sole come se la parte fondamentale della nascita della Repubblica Italiana non fosse mai esistita. Per cui c’è del calcolo, c’è la piena coscienza di essere dalla parte ritenuta vincente della storia: quella che si deve liberare di antichi e ingombranti orpelli nel nome di un mercato ritenuto post-ideologico, di un denaro senza odore, di un sangue versato nel lavoro come elemento connaturato alla catena del valore.
Per le lacrime di coccodrillo ben recitate c’è la retorica del lavoro a cui ci hanno abituati.
Ma nessuno deve disturbare il manovratore, mettere zeppe negli ingranaggi dei trattati europei, ostacolare il pilota automatico. È l’unica vera ideologia.
E il comunismo italiano? È evidente che toccare il comunismo in quanto tale non vale mille distinguo del togliattismo e del berlinguerismo dalle purghe sovietiche: è una crepa che parte dall’Hotel Lux e dal ’68 praghese e finisce per spaccare anche questi mostri sacri della democrazia italiana, arrivando fino a Gramsci, senza più alcuna analisi. È una scelta di campo irreversibile che non lava alcun panno sporco in famiglia: esce di casa e basta.
Questa è la portata di una simile scelta: la fine della sinistra, non un’altra sinistra, l’oblìo in cambio di una pax sociale europea inesistente. Già oggi però a Parigi si manifesta l’Atto 45 nella più lunga mobilitazione operaia e popolare del dopoguerra europeo contro le politiche nuove di zecca di un falso democratico in realtà fascista neoliberista come Macron. Nel cuore dell’Europa, in uno dei due paesi leader di Aquisgrana.
Questo ci dice molto sulle pie intenzioni e sulle illusorie aspettative delle classi politiche colluse con le oligarchie del capitalismo neoliberale, che hanno fatto i conti senza l’oste.
Fino ad ora gli è andata bene. Gli è andata bene con la Grecia, piegata, comprata e ridotta in miseria dagli euroburocrati e da un vero traditore del suo popolo. Finora gli sta andando bene con i Gilet Jaunes, ancora privi di una visione forte di società e di un cambiamento rivoluzionario. Ma quando in più paesi divamperà la rivolta sociale, unica condizione per rompere questa UE, e prima o poi accadrà, ne riparleremo.
Dasvidania!
P.S.:
Riporto qui sotto i cognomi degli europarlamentari del PD che hanno votato sì insieme alla Lega e alle destre alla legge che equipara nazismo e comunismo e che indica di togliere i simboli comunisti dai monumenti europei: Bartolo, Benifei, Bonafè, Calenda, Chinnici, Cozzolino, Danti, De Castro, Ferrandino, Gualmini, Moretti, Picierno, Pisapia, Tinagli.