In questo documento riportato qui sotto, e datato 3 novembre 2021, spiegi ai compagni della Rete dei Comunisti di Bologna le ragioni dell’uscita dall’organizzazione:
Ai Compagni della Rete dei Comunisti – Bologna
Con questa mia lettera vi comunico la mia auto-sospensione da ogni attività relativa alla nostra Organizzazione, Rete dei Comunisti, con effetto immediato. Rassegno le mie dimissioni da attivista.
Lo faccio in primo luogo per non intralciare le attività, quindi per rispetto verso le compagne e ai compagni, attività in cui non mi sentirei a mio agio, e sostanzialmente perché in questi ultimi mesi non mi sono riconosciuto in alcune delle scelte di ordine tattico e politico, fatte dagli organismi centrali e ritengo senza un dibattito appropriato.
Anche la mia prima presa di posizione su Contropiano ha solo sortito una risposta dalle “alte sfere”, evidentemente con l’intenzione di non affrontare le questioni poste che, per altro, non sono solo mie, ma che attraversano i diversi ambiti politici e organizzativi, sindacali e di movimento di tutta la sinistra di classe.
Mi riferisco alla inadeguatezza d’analisi sulla svolta autoritaria in atto nel paese e non solo in Italia, ma di cui l’Italia è punta avanzata. Mi riferisco alla mancanza d’analisi (alla banalizzazione della questione) e quindi di intervento in un movimento di massa vasto e differenziato, che ha caratteristiche potenzialmente anti-sistemiche e anti-autoritarie, all’interno del quale si sarebbe dovuta dare battaglia politica nella prospettiva dell’egemonia di classe e senza fare sconti alle forze opportunistiche e reazionarie certamente presenti come visto a più riprese.
Come comunisti le valutazioni etiche vanno certo considerate ma lasciate in subordine a quelle sulla contraddizione tra classi popolari, proletariato e capitale. Come ho avuto modo di abbozzare nell’ultimo intervento su Carmilla (andrebbe fatta un’analisi più compiuta), in questo conflitto sociale è emerso forte il ruolo spontaneo o mal diretto da forze equivoche (do you remember il pope Gapon nel 1905 russo?) della classe operaia, di quella componente che direttamente va ad incidere sulla circolazione del capitale e quindi sui profitti. E di cui i portuali sono una parte fondamentale. Non è un caso che da anni questa componente con le nostre avanguardie e quelle di altri sindacati conflittuali, è al centro di un conflitto aspro nella logistica, costato compagni morti (Abd El Salam e Adil), repressione e attacchi squadristici dei “Pinkerton” padronali.
Ma la lettura politica delle scontro operaio va proseguita nel nuovo quadro politico, nel salto di paradigma che abbiamo avuto con la pandemia. E qui entro nel merito della questione vaccini.
A me non interessa chi è o non è pro o contro questi vaccini atlantisti e frutto di una ricerca su cui sarebbe stata quanto meno opportuna un’inchiesta. Sono per la libera scelta. Quello che mi interessa è tutta la gestione economica, politica e pseudo-sanitaria criminale che ne è stata fatta dagli esecutivi di governo, dalle lobby interne al sistema sanitario e dalle centrali del capitale interessate a profitti e controllo sociale. Non vedere il passaggio dalla quantità dell’egemonia del capitale sulla forza-lavoro e sulle masse popolari alla nuova qualità fatta di dpcm spesso insulsi e contraddittori, perché lasciavano libertà ai desiderata confindustriali (devo elencare quanta poca sicurezza nei luoghi di lavoro, i trasporti, la totale assenza di investimenti in sanità pubblica e di territorio? Tutte cose che sappiamo bene…), fino alla questione del green pass ha rivelato una negligente sottovalutazione interna. Quando non si riesce a vedere la qualità del controllo sociale, ossia lo scambio comportamenti compatibili per lavoro, socialità, servizi, accesso a luoghi sino a ieri normalmente fruibili per diritto di cittadinanza e costituzionale, significa prendere una brutta china. Quella dell’incomprensione della portata dell’attacco capitalistico contro la classe e le masse popolari.
Essere nella contraddizione significa “mettere le mani nella merda”, ossia nella materia sociale per quella che è e per i movimenti di massa per come sono. Noi comunisti non costruiamo di sana pianta movimenti e non possiamo scegliere il treno giusto da prendere: dei bolscevichi in marcia bell’e che fatti ed eruditi. Non funziona così.
Questa impostazione ribadisce un’autoreferenzialità auto-dannosa inuna fase politica in cui la conflittualità sociale ha avuto un impulso forte e vasto. Certo, non come avremmo voluto noi, ma i conti con la realtà vanno fatti.
Ormai per la saldatura è tardi, perché se non ci sei e non ti muovi, le soggettività si fanno un’idea di chi sono i sodali e i punti di riferimento e chi no. E noi non ne siamo usciti bene rispetto anche tante e tanti compagn* che nel movimento di massa ci sono e si stanno spendendo.
Ho visto in buona sostanza una chiave di lettura etica, stile “mama li turchi” per la presenza dei fascisti e dei clerico-bigotti vandeani. Una parte. non il tutto. Rileggiamoci cosa indicò al Partito Comunista Tedesco il segretario generale dell’Internazionale Comunista Dimitrov, che comprendeva il pericolo dell’ascesa del nazional-socialismo e consigliò di entrare addirittura nelle S.A. Qui la situazione è completamente diversa e i gruppi paramilitari fascisti come Forza Nuova sono una piccola componente. Separare il loglio dal grano significa intervenire nei movimenti di massa introducendo le nostre questioni fondamentali di programma minimo e massimo, di agitazione e propaganda. Usando nel caso metodi forti (con i fasci se e quando presenti) laddove ce ne sia bisogno. Ma considerando vitale l’importanza di un’attività culturale e ideologica, portando alla lotta anticapitalista e contro il governo quanti più soggetti possibili nelle forme di organizzazione di massa necessarie.
Esposto in sintesi, penso che:
- Non si è compresa la svolta autoritaria in atto, che il governo italiano di prima e peggio ancora quello attuale stanno attuando attraverso la gestione a dir poco criminale della pandemia.
- Non si è compresa la natura contraddittoria, ma di fatto antigovernativa e di opposizione al controllo sociale e sui soggetti oggi in atto, di cui il green pass è solo un passaggio. Sarebbe stato in noi lavorare per introdurre un orientamento anticapitalista, sempre nella prospettiva strategia dell’egemonia sui movimenti di massa e quindi sulla società.
- Ovviamente l’egemonia di tale movimento attualmente ce l’hanno il piccolo capitale e la borghesia territoriale contro il capitalismo globalista, della turbofinanza e delle multinazionali, nonché del grande capitale parassitario nostrano e ci sono pezzi importanti di classe operaia (i portuali di Trieste per esempio), che abbiamo lasciato a nostri competitori, così come abbiamo lasciato spazio agli spezzoni più reazionari. Nello scontro centrale, nella scena politica italiana, che è tra frazioni di borghesia, non siamo stati in grado di creare le premesse per un’opzione proletaria, il convitato di pietra, che non può essere certo bastante nelle lodevoli manifestazioni dell’11 ottobre e di quest’ultimo fine settimana. Una sorta di minoritarismo autoreferenziale che non siamo in grado di superare anche quando ce ne si presenta l’occasione.
- Proprio per queste incomprensioni di ordine tattico, i gruppi dirigenti non si sono posti neppure il problema di avviare un dibattito nell’O. che oggi riterrei comunque tardivo, in quanto larghe masse popolari attivate sulla questione del green pass si sono già fatte un’idea della nostra logica politica, ancor peggiore perché fatta di veri e propri attacchi intolleranti. E il ridimensionamento della questione al solo mondo del lavoro, dimostra ancora una volta se ce ne fosse bisogno, questa incomprensione.
- Il giudizio sulle mobilitazioni si è fermato superficialmente alla sola dimensione ideologica, corroborata da un’eticità pseudo-collettivistica (neanche fossimo a Cuba…), senza andare ad analizzare le contraddizioni materiali e sociali con un’analisi di classe. Si è gridato “ai fascisti”, “ai terrapiattisti” e si sono fatte valutazioni sia banali sulla portata del controllo sociale, che ideologiche sui soggetti in piazza, e di vere e proprie realtà politiche, rilevando le caratteristiche più pittoresche, come se non ci fosse bisogno dei comunisti e di un’avanguardia di classe organizzata anche e soprattutto in questo contesto.
Nell’augurare pertanto buon lavoro alle compagne e compagni, e nel rinnovare l’affetto e la stima per chi in questi anni ho avuto l’opportunità di conoscere, reincontrare e di condividere amicizia, allego qui sotto i link dei miei interventi.
Saluti comunisti.
Nico Maccentelli
LINK:
https://www.carmillaonline.com/2021/08/15/autointervista-sulla-gestione-della-pandemia-da-covid-19/
https://www.sinistrainrete.info/societa/21468-nico-maccentelli-riotta-vs-riot.html