La kermesse anti-Sanremo, il Festival del Disarmo, è finita a schifio. Sono volati stracci tra i vari gruppi: chi l’ha organizzata e chi voleva avere il suo posto al sole. E di fronte a una situazione così catastrofica come l’imminenza di un conflitto su vasta scala, totale termonucleare o tattico continentale, non è propriamente simpatico. Protagonisti: CLN, Fronte del Dissenso, paragoniani, Alternativa, Italia qui Italia là, gruppetti che si contendono la carcassa del movimento no-GP e anti-obbligo vaccinale. Ma quando parlo di gruppetti non mi riferisco alla base, a quei soggetti che continuano a ritrovarsi, bensì ai loro vertici malati di protagonismo. Anche con il PCI era idem con patate: la base era una cosa, la dirigenza un’altra. E abbiamo visto a dove ha portato.
Certo, quella dirigenza era meno nobile, andava alla ricerca di banche e di numi tutelari nella grande borghesia capitalista. Ma la questione sul piano della lotta politica antagonista non cambia di una virgola. Io ho sostenuto la manifestazione di Sanremo contro la propaganda guerrafondaia a favore di quel nazibellicista di Zelensky. Ma peggio di così non poteva andare: invece di unirsi si sono divisi, invece di costruire, non si va avanti di un solo metro. Mi ricorda il fumetto di Asterix e i goti, dove questi ultimi girovagavano sul territorio ognuno per conto suo in campagne belliche demenziali. Peccato che la storia sia andata diversamente, perché quei goti almeno erano intelligenti e dentro l’impero ci sono andati con intelligenza fino a battere i romani stessi. Altri strateghi.
Il problema che come noi della sinistra rivoluzionaria che fu non ci siamo accorti dopo anni di guerra di civile a bassa intensità di essere diventati dei residui, anche questi leaderini non se ne sono accorti nel trovarsi senza piazze del sabato. Ma questo è accaduto dopo pochi mesi e senza aver colpito duro con costi umani molto alti tra i compagni, perlomeno come facemmo noi negli anni ’70.
Finiti i movimenti bisogna organizzarsi e non rivendicare un protagonismo autoreferenziale che fa ridere i polli. Bisogna capitalizzare le energie e le soggettività rimaste e non contendersele a colpi di piazza. Per questo ritengo Democrazia Sovrana e Popolare la più coerente. E non è un caso che si sia cercato di colpirla a più riprese da ogni parte. Almeno questa ha capito l’importanza di un media critico ed è nata Visione TV, con tutti i limiti di un’emittente che non fa comunicazione orizzontale ma che riproduce lo stesso schema comunicativo unidirezionale dei media tradizionali, Ancora non si è capito che la comunicazione orizzontale e la democrazia diretta sono esattamente i dispositivi necessari per creare contropotere popolare di massa, organizzazione, unità nelle iniziative di lotta, trasmissione di saperi, condivisione di pratiche. Senza l’uno non si sviluppa l’altra.
È infine venuto il momento di costruire un fronte di opposizione alla guerra e all’economia di guerra realmente unitario, smettendola di andare avanti in ordine sparso, finendola con i personalismi. Del resto l’unità non azzera certo le differenze e la dialettica tra forze politiche coese, non nega il dibattito e persino la polemica. Qui invece si finisce di fare la fine dei capponi di Renzo di manzoniana memoria. E allora che differenza c’è con i vari sindacatini di base e le forze del radicalismo di classe da decenni divise e incapaci di costruire una reale azione politica, che è tale se si basa appunto sull’unità?