Inutile girarci intorno: nel ballottaggio francese delle presidenziali, Il quasi 20% di France Insoumise pesa e non poco. È l’ago della bilancia. E infatti Melenchon si è subito premurato di mettere le mani avanti: non un voto alla Le Pen. Ma forse vuol dire votare Macron? Non lo ha detto, per cui…
Mi ricorda il finale di The Last Kingdom, quando il figlio della regina di Mercia parlando di suo zio alla mercé dell’erede al trono del regno d’Inghilterra dice al cuginastro: fa di lui quello che vuoi.
Se fossimo in Italia lo zio sarebbe lo zio, anche se assassino della madre, anche se un po’ (molto) euroimperialista, agente come Macron dei criminali neoliberisti di Davos. E certamente con Potere al Popolo, rifondaroli e compagneria varia, il PD di Letta avrebbe più fortuna, perché alla fine le distinzioni famigliari e i crimini evaporerebbero come neve al sole di fronte alle orde scozzesi, leggi: ai fascisti lepenisti, meloniani ecc.
Questo è il grande problema della sinistra italiana che si propone come alternativa di sistema al neoliberismo se non addirittura al capitalismo. Senza voler togliere nulla al record delle sardine che nel giro di un anno sono passate da “movimento” ad ascari puri del PD nelle sue liste elettorali, questa è la tara della sinistra che del rivoluzionarismo degli anni ’70 non ha conservato nulla: alla fine è tutta una grande famiglia contro il “pericolo” fascista di Salvini.
Dell’antica tattica leninista non è rimasto nulla. Di Mao che giustamente sosteneva di combattere un nemico alla volta partendo da quello principale… nemmeno l’odore. Se volessimo fare un esercizio fingendosi francesi per un momento la domanda sul nemico principale è proprio la prima che dovremmo farci. Il vero fascismo, quello di due anni di restrizioni biopolitiche e di controllo iper tecnologico, quello che oggi sostiene la politica guerrafondaia degli USA contro i nostri stessi interessi di paesi europei è quella atlantista delle cancellerie UE. E non c’è dubbio che una vittoria della Le Pen spariglierebbe le carte e i piani dell’imperialismo USA quindi della NATO, mettendo a dura prova tutta l’architettura economica e politica della UE e la strategia del divide et impera statunitense, finalizzata a dividere la Russia dal resto d’Europa per evitare la formazione di un grande conglomerato economico sociale indipendente: dalle risorse energetiche a quelle in generale, dalle tecnologie ai mercati, fino alla contiguità con il mondo asiatico e la via della seta cinese.
Non solo, un presidente e un esecutivo sovranista in Francia renderebbe più difficile la politica economica dell’Ue, con ricadute imprevedibile e un processo di emulazione. Qualcosa che ci avvicinerebbe alla rottura del tavolo euroliberista.
Infine l’apertura di una fase multipolare in contesto dove le forze dell’atlantismo fossero più deboli aprirebbe a una fase di scontri sociali e a maggiori possibilità di un cambiamento verso politiche di contrasto allo stradominio del grande capitale a vantaggio delle classi medie e della piccola imprenditoria e anche per le classi salariate si aprirebbe un nuovo scenario conflittuale.
Dopo due anni di gestione pandemica bio-autoritaria ora sappiamo di cosa le élite dominanti sono capaci. E sappiamo che la geografia politica, le distinzioni destra sinistra sono saltate assumendo nuovi significati e traiettorie politiche. È ora di prenderne atto ed avere una maggiore capacità tattica e spregiudicatezza, magari imparando dal populismo argentino.
Io forse sarei stato più esplicito di Melenchon, magari parlando di astensione per non uscire con la bestemmia di un voto secco improponibile nei confronti della pulzella dell’estrema destra.
Il problema per la sinistra che si pone come alternativa in Italia non è solo tattico e di approccio materialistico e non sociologista (mama li fascisti!). Riguarda il non aver capito che il 20 e passa per cento di France Insoumise è dovuto alla capacità di comprendere il sentiment popolare e le politiche autoritarie di regime. FI viene da due anni di lotte contro il pass sanitario, di presenza organizzata e progettuale nei movimenti: dai gilet gialli alle banlieu parigine, marsigliesi, con una forte presa sull’elettorato giovanile.
Che cos’ha fatto qui la sinistra di classe se non radunare i suoi e separarsi “scientemente” dagli altri con giudizi tranchant di una superficialità spaventosa? Se Cremaschi Acerbo sperano di ripetere i successi dei cugini d’oltralpe si sbagliano di grosso: sono già partiti col piede sbagliato e anche un’intuizione populista come PaP alla fine si è ridotta a un vertenzialismo che segue USB, uscendo dall’agone politico, rinunciando ad affrontare la lotta politica nei movimento per quello che sono e non per come si vorrebbe che fossero.
E oggi che De Magistris appoggiato da varie componenti della sinistra radicale tenta di mettere insieme ancora una volta un progettino “arcobaleno”, non si intravede alcuna reale novità politica a sinistra. Non si è capito, al di la delle chiusure con la scusa dei fascisti, che la lotta di classe è ben presente nel movimento che si è battuto contro la ristrutturazione capitalistica per mezzo della gestione pandemica, che l’opposizione al green pass e alle varie misure di controllo sociale in questi due anni è stata la punta più avanzata del conflitto sociale e politico.
Oggi le parole d’ordine politiche le danno forze come il Fronte del Dissenso. E non è un caso che trascinino con loro migliaia di persone come a Bologna, con la parola d’ordine “Guerra e pandemia stessa strategia”. Coglie il cuore della questione, l’epicentro del conflitto sociale che è attacco alle condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari attraverso dispositivi biopolitici autoritari che nella sinistra di classe nessuno o quasi ha compreso.
È dovuta nascere l’Assemblea Militante per iniziare a ricomporre quella parte di sinistra di classe che ha compreso la posta in gioco della grande ristrutturazione economica e sociale a vantaggio del capitale finanziario e delle multinazionali che è si è avuta con la gestione pandemica. Facendo esattamente ciò che ha fatto France Insoumise alla quale i tricolori non fanno certo schifo e con una forte tradizione rivoluzionaria (se non l’hanno i francesi…).