… dopo ben due mesi di problemi di salute non indifferenti.
Lo faccio con questo pezzo sulla pandemia e i limiti strutturale di sistema che si sono evidenziati.
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Come materialisti, i ragionamenti sulle società, le loro tipologie, le loro dinamiche si basano sempre sull’esperienza storica data di ogni realtà sociale. Ma supponiamo per un istante di ragionare ipotizzando una società come dovrebbe essere. E facciamolo partendo da una constatazione molto semplice: la pandemia ha evidenziato i limiti e diciamolo pure, le tare di questa società capitalista, dove oggi vige il neoliberalismo più sfrenato.
Il governo di una società ideale dovrebbe garantire un’esistenza libera e dignitosa a tutti e in caso di crisi dovrebbe sopperire alle perdite, agire per il bene comune senza farsi tirare per la giacca dagli uni o dagli altri.
Nel nostro caso è evidente che il lockdown (non entro nel merito della lesione delle libertà più elementari) è in totale aporia con un intervento “ristoratore” che sia realmente tale da sopperire alle perdite di ogni tipo e su tutta la popolazione.
Così che alla fine il lockdown si è rivelato una barzelletta (anche per giustificare le mancanze di intervento su popolazione ed economia) e il ristoro una burla, del tutto insufficiente.
È altrettanto evidente che le priorità di prima sono rimaste: il warfare intangibile e i tagli al welfare, i ponti d’oro per i settori più influenti e potenti del capitale e la messa in secondo piano delle classi meno agiatee delle piccole e medie imprese.
In momenti di emergenza si dovrebbe non solo parlare per scopi di consenso di patrimoniale, ma praticarla, si dovrebbe mandare a spendere i vincoli europei, si dovrebbe stampare moneta e mettere in opera misure economiche radicali da parte dello Stato, che dovrebbe diventare agente principale in un sistema economico e sociale pianificato. Si dovrebbero tagliare le spese inutili come quelle militari e convogliare le risorse finanziarie alla sanità pubblica, avocare allo Stato stesso la gestione della sanità privata, cooptata (se non espropriata) all’emergenza stessa, dalla diagnostica alla cura. Si dovrebbero potenziare i trasporti, si dovrebbe garantire un reddito sociale, si dovrebbero risarcire a rendiconto e senza elargizioni ad cazzum, i lavoratori autonomi e le imprese colpite dal lockdown. Solo così si potrebbe fare un lockdown radicale e per questo più breve e e risolutivo, dove la sospensione di date libertà è realmente temporanea e altrettanto breve.
Ma si sa, l’italia (e non solo) è il paese dell’emergenzialismo, ossia di un’emergenza dopo l’altra, vivendo di emergenze stesse per giustificare la non disponibilità ad affrontare radicalmente e con scienza i problemi del paese. Per cui è più comodo sparare e spalare merda sui cittadini, creando uno stato di polizia ben peggiore di quelli precedenti, che assumersi decisioni che inevitabilmente alludono e anticipano ciò che di fatto sarà la soluzione dei problemi del mondo (se ci riusciamo ad arrivarci e non ci autodistruggiamo prima): la pianificazione, la centralizzazione, l’assunzione nelle disponibilità dello Stato dei gangli vitali dell’economia, quelli necessari per affrontare la crisi, in altre parole un tipo di società più socialista che capitalista.
Quello che di positivo si può trovare nel covid è che questa pestilenza ha messo a nudo i limiti struttrali di un tipo di società che non può funzionare per il bene di tutti. Anche nelle migliaia di morti e nelle condizioni più estreme, il capitalismo, le sue forze neoliberiste hanno trovato i modi per mettere a profitto la situazione. Non hanno preordinato un bel nulla, hanno visto e detto “piatto ricco mi ci ficco”. Un po’ come quegli avvoltoi che mentre l’Abruzzo crollava con il terremoto si leccavano i baffi l’un l’altro al telefono.
Per questo, ogni anima “candida” che se ne viene fuori con quelle misure stillicidio che un po’ per volta distruggono lo stato sociale, mettono a profitto servizi essenziali e vitali, nel nome di una retorica efficientista (che non ha alcuna correlazione conl’efficienza), come i posti letto del Sant’Orsola che Bonaccini ha dato ai privati, è e resta espressione di una politica che deve solo rispettare il ruolino di marcia che le oligarchie di questo regime neoliberale le hanno assegnato.
Per questo, anche se oggi ancora non c’è una forza politica che sappia unificare le diverse ed eterogenee anime popolari di una società agonizzante, il futuro della giusta politica, una politica di fatto rivoluzionaria è fuori da questo pantano partitico bipartisan che si è incaricato molto semplicemente di gestire e imporre la merda esistente per conto di qualcuno, non certo del popolo. Pertanto “que se vayan todos” è il grido zapatista molto attuale e attinente anche qua.