Stare dentro la contraddizione

Stare dentro la contraddizione

(Immagine in evidenza: Georgi Dimitrov, segretario del Komintern, l’Internazionale Comunista)

Riporto un post di Emilio Quadrelli, che tra tutte le considerazioni che ho letto in questo periodo, mi sembra la più pertinente e azzeccata riguardo l’atteggiamento che i comunisti, i leninisti, devono tenere di fronte ai movimenti di massa:

“Ammettiamo pure, anche solo come semplice ipotesi di scuola, che quanto sta andano in scena intorno al Green Pass sia frutto di un radicalismo di destra che sta conquistando quote non proprio irrilevanti di masse subalterne. Un movimento che, pur con tutte le tare del caso, possiamo considerare affine alle SA. Tutti sanno che furono proprio le SA a svolgere un ruolo determinante nell’ascesa del nazismo al potere. Gran parte delle SA erano ex operai comunisti, disoccupati e piccola borghesia declassata. Il loro “credo” si sintetizzava in una mitica “rivoluzione del popolo” sicuramente senza costrutto e prospettiva ma tanto bastò per farli battere con non poca determinazione. Furono loro, infatti, che distrussero le scarne forme organizzate di resistenza comunista e socialdemocratica e consegnarono la Germania a Hitler. Certo, dietro a loro, si muovevano altre forze di ben altra natura le quali, non per caso, una volta conquistato il potere si liberarono manu militari di questi imbarazzanti compagni di strada. “La notte dei lunghi coltelli” pose fine alle SA e alla fantasiosa “rivoluzione del popolo”. Queste cose, immagino, siano note a tutti. Quanto andato in scena fu un fulmine a ciel sereno oppure, in ciò, una qualche non secondaria responsabilità deve essere attribuita al movimento operaio comunista e socialdemocratico. Tutto ciò era così inimmaginabile? Nessuno aveva compreso cosa avrebbe comportato il radicalismo di destra di non secondarie masse di subalterni? No. Qualcuno lo aveva compreso e non si trattava proprio di un personaggio di poco conto. Dimitrov era il capo dell’Internazionale Comunista e nel podio del movimento comunista si posizionava al secondo posto a pochi millimetri da Stalin. Dimitrov rimproverò, e non proprio in maniera leggera, ai comunisti tedeschi l’incapacità di interagire con la multiforme realtà che le SA e i gruppi affini rappresentavano in virtù di un atteggiamento snobistico e intellettualizzato. Oggi diremmo radical chic. Dimitrov rimproverò ai comunisti tedeschi il non intervento nelle situazioni di massa o il farlo in maniera intellettualistica. Con non poca ironia,se non ricordo male, fece anche l’esempio in cui, di fronte a una assemblea di disoccupati, l’oratore comunista si dilungò in una dotta esposizione in merito alla caduta tendenziale del saggio medio di profitto. Dimitrov, sulla scia di Lenin e della sua nota asserzione sul carattere spurio e contraddittorio dei movimenti di massa (in fondo il 1905 “nasce” a opera di Gapon), raccomandò e spronò i comunisti tedeschi a stare dentro la contraddizione. Su ciò i quadri comunisti tedeschi fecero per lo più orecchie da mercante con il risultato che quote sempre più ampie della base operaia comunista, che aveva bisogno di azione e non di proclami, transitarono verso le SA o gruppi a queste coevi. Allora, se quanto sta andando in scena, ha qualche attinenza con ciò è più sensato reiterare l’esempio dei comunisti tedeschi o fare proprie le indicazioni di Dimitrov?”

Non ci sarebbe bisogno di dire altro. Semmai analizzare da marxisti le caratteristiche del movimento che ci troviamo davanti e, prima ancora, la contraddizione che esiste oggi tra forze sociali in campo, tra classi dominanti e classi subalterne, senza che questo approccio materialista dialettico resti dentro una visione libresca e quindi scada nel meccanicismo politico.

Ora l’atteggiamento che quasi tutte le organizzazioni politiche e sindacali della sinistra di classe hanno tenuto sin dall’inizio nei confronti di questo movimento è stato di auto-esclusione motivata dalle ragioni più disparate: non parla delle questioni sociali e vertenziali vere, ci sono i fascisti, esprimono l’individualismo neoliberista. E rispolverando immagini mitiche di operai in picchetto. Bene. Gli operai in picchetto ci sono stati in tutti porti che hanno aderito alla mobilitazione dei portuali di Trieste. Ci sono stati anche gli studenti che hanno fatto irruzione all’Università di Torino e manifestato per le strade di Milano. C’è stato il sostegno di milioni di persone (tutti fascisti?) alla lotta dei portuali di Trieste. C’è un movimento di massa combattivo, che non arretra neppure davanti ai divieti di manifestare e alle cariche della polizia che rivendica libertà , giù le mani dal lavoro, l’abolizione del green pass.

Un’operazione di piccolo cabotaggio ha iniziato a farla qualche sindacato di base, che ha ripreso il no green pass – dopo che per settimane suoi dirigenti erano compiaciuti del fatto che non se ne parlasse: è accaduto che si sono accorti che il green pass è uno strumento di comando capitalista sulla forza-lavoro, tuttavia ne hanno circoscritto la questione al puro ambito lavorativo e vertenziale, glissando completamente sul movimento di massa che si è prodotto da questa contraddizione sociale grande come una cattedrale.

Che dire poi della manifestazione dell’11 ottobre scorso? Contenuti ineccepibili, una vasta adesione, ma pur sempre limitata all’addizione “tutti insieme una buona volta” (perché se no si continuava a marciare separati tra sindacati conflittuali). Ma nessun aggancio con il movimento in questione per le ragioni descritte poco sopra. Ci sono gruppi dirigenti che vivono di pregiudizi, che non amano mettersi in gioco, che non hanno una pur minima nozione di tattica leniniana e che, diciamolo, vivono di rendita, misera per altro, nei propri recinti autoreferenziali. Questa è la verità. E dispiace dirlo, ma alla prima apparizione di un movimento di massa, di un’autonomia di classe che ovviamente non ha più agganci con i valori culturali di 50 anni fa, è cascato miseramente l’asino.

Per questo sono portato a pensare che queste realtà politiche sono solo scorie residuali d’un passato politico e lì sono rimaste agganciate senza alcuna rivitalizzazione in dialettica con la situazione concreta. Non mi riferisco alle energie interne, molti giovani, ma agli stati maggiori parrucconi che cercano di adattare con varie motivazioni la realtà ai propri desiderata, alla propria visione inamovibile dello stato di cose e di una progettualità a cui mancano le gambe per procedere nell’immediato.

Molto peggio SGB, che definirli stalinisti è un insulto allo stesso stalinismo ben rappresentato come abbiamo visto sul piano tattico da Dimitrov. A parte l’e-mail minatoria a CUB, che veniva diffidata dal non presentarsi alla manifestazione dell’11 per le sue posizioni anti green pass, il capolavoro di asineria pericolosa, lo raggiunge un suo massimo esponente con queste parole:”Le manifestazioni di ieri anti green pass come quelle di oggi, sono il sintomo concreto di un’ondata reazionaria non perché quelli di Forza Nuova si sono portati dietro un intero corteo ad invadere la cgil, oppure perché i dirigenti sindacali dei portuali di Trieste sono interni o vicini a organizzazioni di estrema destra o perché uno degli organizzatori a Bologna ha attaccato (ripetutamente nel tempo) Lilina Segre, oppure perché tutte le organizzazioni di destra, di estrema destra e rosso/brune lo sponsorizzano, NO, è esattamente il contrario. I dirigenti del movimento sono tutti di destra perché i temi del movimento sono di destra: la critica al green pass è da destra e non da sinistra, la critica ai padroni è invece molto blanda e solo indirizzata alle multinazionali perché di fatto i padroncini, gli artigiani e i liberi professionisti (la borghesia perdente in questo paese) guidano la protesta, non casualmente. Il fatto poi che vi partecipino diverse persone che si autodefiniscono di sinistra o qualche centro sociale o ancora qualche pezzo di sindacato di base, non cambia proprio nulla, anzi per certi versi peggiora la situazione perché legittima ulteriormente questa onda reazionaria iperliberista che utilizza l’individualismo come base sulla quale innestare i propri obiettivi. Un movimento nemico dei lavoratori. Non ho alcun dubbio.”

Un dubbio che non lo sfiora nemmeno davanti a mobilitazioni che partendo dalle proprie soggettività toccano questioni fondamentali come il diritto al lavoro, allo studio, alla socialità, ai diritti più elementari che il dispositivo più iperliberista d’Europa va a toccare eccome in una grande ristrutturazione capitalistica e della società. E un movimento che coglie percettivamente e non ancora con consapevolezza complessiva e identità politica, progettualmente questo attacco, la sua portata devastante, sarebbe “nemico dei lavoratori”. Sarebbe invece il caso di esserci con i nostri contenuti e di contrastare sia le tendenze sociali borghesi che quelle politiche reazionarie, trasformando le percezioni in consapevolezza complessiva della lotta di classe in atto. Sarebbe il caso di fare il lavoro politico dei bolscevichi. Ma a questi piccoli burocrati la questione non li sfiora nemmeno.

Questo capolavoro di asineria politica pericolosa in salsa SGB (poi lo vedremo perché pericolosa) racchiude come un micro-sutra reazionario, in poche righe, tutte le distorsioni che caratterizzano il peggio della sinistra di classe odierna. Lo “scientismo” che considera di fatto neutra la scienza, quindi il non considerare che la gestione pandemica dei due governi, Conte prima e Draghi poi, è criminale perché non mette al centro la salute pubblica ma i profitti e il controllo sociale (ne ho già trattato in altri miei interventi). Quindi il fideismo vaccinale, portando a esempio in modo avulso dalla nostra situazione, realtà completamente diverse e che hanno altre finalità, collettivistiche, come Cuba. Il classificare come individualista e filo-liberista ogni ragione che provenga dalle soggettività di questo movimento. L’atteggiamento tattico verso i ceti borghesi anch’essi sotto attacco e quindi il tema dell’egemonia dei comunisti in un quadro di alleanza sociale, dove la centralità operaia che è nelle cose, che è oggettiva, deve affermarsi anche sul piano soggettivo. Apro una parentesi: non è un caso a proposito di centralità operaia, che il punto di conflitto più alto, l’apice della contraddizione sia stato raggiunto con i portuali, ossia con la classe operaia. La pericolosità che prorompe da questa verbosità violenta del post di questo esponente SGB sta nell’atteggiamento che può divenire appunto anche violento, perché una forza come questa, che minaccia ed esclude chiunque mostri un’apertura politica verso questo movimento, impedisce di fatto dall’interno (nel lavoro per linee interne) qualsiasi aggancio tra spezzoni di classe e popolari e un raccordo delle istanze vertenziali sulla sanità pubblica, diritti dei lavoratori, ecc. e delle istanze più generali di un cambio sociale in senso socialista, con queste forme di autonomia popolare e di classe sulla quale né gruppi spontanei, né altre forze organizzate di varia matrice, hanno la direzione politica.

Sul piano della politica rivoluzionaria e del lavoro militante dei comunisti, riporto un mio commento a un compagno, su facebook:

Per descriverti l’idiozia, mi immagino solo una cosa: noi in questi cortei con delle bandiere rosse, semplicemente rosse e degli striscioni sulla solidarietà sociale, contro Draghi, per la sanità pubblica, contro l’autonomia differenziata, ecc. e volantinaggi. Parlavo ieri con una compagna che partecipa a tutti i sabati e conosce un po’ la situazione: dice che ormai è tardi, la sinistra anche di classe è screditata, non li ha sostenuti, faremmo la figura dei cammellieri che arrivano all’ultimo.
E poi le puttanate che mi capita di leggere. Come questa etichetta di individualismo liberista, questa rivendicazioni dei picchetti operai, quando nei porti ci sono picchetti e presidi! E la gente arriva sodale, come a Trieste.Ho postato un video dell’università di Torino, dove gli studenti hanno fatto irruzione. E poi so del corteo studentesco di Milano… Cazzo CE LI HAI ADESSO STUDENTI OPERAI UNITI NELLA LOTTA!!! Ma dove li vedono gli atteggiamenti individualisti i mentecatti?! Non s’è mai vista un’unità tra settori sociali diversi, popolari come oggi porca troia!!! Ma dove vivono questi… solo perché non ci sono le banderine rosse e non si parla di Marx?! Ma che cazzo pretendono dopo decenni di oblio culturale alla quale anche noi non siamo esenti da responsabilità! La prima fottuta volta che si affaccia sulla scena sociale un movimento vasto antagonista a Draghi e ai dispositivi di comando sociale, che non se ne va a casa nonostante le provocazioni preordinate e le bastonate… questi fanno gli schizzinosi… E POI CRITICAVAMO LE SARDINE??? Ma noi siamo uguali! La sinistra radicale con la puzza sotto il naso.
Ma il delirio è stato raggiunto con la solidarietà a quei fascisti fuxia della CGIL. Non bastava condannare l’assalto alla CGIL?!
Poi mi si dirà che rappresenta milioni di lavoratori… Ma la solidarietà è stata data alla dirigenza, a Landini, perché quello era l’obiettivo dei fascisti. Con la CGIL abbiamo chiuso il discorso ai tempi di Lama, se ben mi ricordo. E il Lucianino non ne è uscito bene… non era venuto in pace.
Ma si riesce a fare i comunisti, i bolscevichi in questo paese, o bisogna andare in Francia, dove le sinistre fanno lavoro di massa serio e non sono autoreferenziali?!
E ho detto tutto.

Concludo questa disamina con una riflessione di Manolo Morlacchi, da un suo post:

Non va tutto male. La polarizzazione intorno alla questione GP ha permesso di portare a galla il mare di merda che da decenni rende la sinistra, soprattutto quella radicale, un pantano maleodorante composto da tutti gli orrori figli della stagione che va dalla dissociazione degli anni ’80 fino a oggi. Dentro c’è di tutto: dai relitti dissociati e pentiti della lotta armata che grazie ai social e a questo pantano si ricostruiscono una verginità che chi glielo doveva dire; padri e figli della stagione dei centri sociali che hanno dirottato sul radicalismo espanso e ultra orizzontale ciò che un tempo era organizzazione; i duri e puri che non si muovono di un millimetro per non far crollare il castello di sabbia in cui vivono… Poi c’è la massa informe, piena di contraddizioni, che non sa nemmeno da che parte è la destra e la sinistra, ma che subisce progressivamente il crollo del sistema nel quale viviamo. Così si scaglia contro ciò che le appare immediatamente chiaro… E allora? E allora il nostro mare di merda parte con le sue ondate: fascisti, idioti, trogloditi, egoisti (questa è la migliore!!) e via andare. Non entrano in dialettica con la realtà concreta. Non possono: il loro castello di sabbia crollerebbe. Allora, uno si dirà, combattono i fascisti? Attaccano il capitale? Organizzano l’anticapitalismo? Neanche per idea! Si limitano a ricordare a questi fascisti/idioti/trogloditi/egoisti che sono ben altri i motivi per cui lottare… salvo poi – s’intende – non farlo.
Ecco: questa è una buona notizia, per chi vuole iniziare a fare pulizia.
Brutale, ma molto esplicito. Ciò che emerge dal pantano ultradecennale di una sinistra comunista è l’inattivismo. Perché finché si tratta di fare i conti tra noi e il potere classista, qualunque fiera e casino è rivoluzionario: occupi, fai sfilate, presidi, ecc., con contenuti ribadisco ineccepibili. Quando poi bisogna fare i conti con i movimenti veri, scatta invece la chiusura élitaria nel proprio fortilizio, una sorta di provincialismo politico pieno di parole d’ordine roboanti che arrivano fino all’internazionalismo. La verità è rivoluzionaria e purtroppo consegna questa gente al sempiterno oblìo politico, dove piccole avanzate, nella migliore delle ipotesi, vengono spacciate per grandi vittorie popolari. Non se ne esce.
A questo punto, da questo pantano uscirà ben poco, o nulla. Nascerà qualcosa di nuovo ma non qui e non ora purtroppo.
Restano le energie militanti, i giovani, che avranno tutto il tempo di capire e di cambiare rotta sul serio.
Infine, dialogando proprio su questi temi con Spatto, un vecchio compagno e amico, ci siamo fatti alcune domande e posto alcune questioni che andrebbero rivolte a tutte le compagne e compagni che oggi militano nelle organizzazioni comuniste e della sinistra di classe:
A. Ma come si forma la coscienza di classe dopo decenni di controcultura liberale?
B. Se si forma nel conflitto questo movimento è pur sempre un movimento in conflitto. Che agisce in posti reali non in circoli di training…
C. Se si forma nel contrasto economico questo movimento tocca il tema del lavoro quindi esigenze materiali della classe
D. Se ha solo aspetti sovrastrutturali (libertà dominio delle multinazionali alienazione sociale) comunque sarà ben più facile discutere con uno che cerca una soluzione piuttosto che con uno che lo nega e ti da un calcio nel culo.
E. La partecipazione di massa sarà pure un luogo migliore di agitprop rispetto a fb o dell’isolamento televisivo?
F. Un movimento di massa di tale dimensioni sarà pure una palestra di formazione al confronto e all’egemonia o si pensa che essa avvenga nel vuoto spinto di un rivista o fra amici anche se numerosi?
Qualcuno se le ponga anche lei/lui una volta tanto.