Terrorismo di Stato. Ma non si può dire…

Terrorismo di Stato. Ma non si può dire…

Provate a immaginarvi se un commando di Guardiani della Rivoluzione iraniani, attaccasse e assassinasse uno scienziato statunitense negli USA, o francese in Francia, o israeliano in Israele.
Tutta la stampa “libera” (leggi: asservita alle cancellerie e ai servizi di intelligence occidentali) griderebbe al terrorismo, e con una campagna martellante di demonizzazione preparerebbe il consenso ad azioni armate di ritorsione, che il mondo “libero” (leggi: dominato dalle forze imperialiste) riterrebbe non solo necessario, ma obbligato.

Ecco cosa siamo diventati: un coacervo di stati canaglia di cui USA e Israele sono al vertice dell’ignominia criminale, che lavorano costantemente per creare le condizioni per una guerra di vaste proporzioni.
Se usciamo dalla narrazione mainstream, queste sono le ovvie conclusioni, alle quali qualsiasi cittadino che sia un minimo informato (ma direi anche solo dotato di intelligenza), giungerebbe.
E queste sono le conclusioni che logica vuole per l’assassinio in Iran dello scienziato nucleare Mohsen Fakhrizadeh, a opera di un commando di terroristi in quota ai servizi USA o israeliani.
Sostenere questa ovvietà non significa sostenere questo o quel paese. Comunque non significa sostenere l’imperialismo criminale dell’Occidente, ma non significa nemmeno decantare le inesistenti libertà civili di un regime teocratico come l’Iran. Significa però capire chi opera per una stabilità internazionale che lasci aperto il dialogo tra parti, ossia tra potenze, aree geopolitiche e chi invece lavora per per minarla a proprio vantaggio, in un “gioco” pericoloso che prima o poi potrà sfociare in conflitto, in escalation.
Non c’è dubbio che dall’instabilità e dalla minaccia costante dal Medio Oriente all’Ucraina, dall’America latina alla Corea del Nord e alla Cina, ha vantaggio chi vede eroso il proprio potere di moneta (il dollaro), di controllo dei flussi enegetici e di risorse, di contesa dei mercati internazionali.
Stiamo infatti assistendo al declino dell’impero USA e con esso dei suoi satrapi d’Occidente, sotto la crescita e i nuovi accordi di altre potenze molto più dinamiche sul piano della governance macroeconomica: Cina, Russia, India, lo stesso Iran…
Si sa che quando la bestia è chiusa in un angolo, mena fendenti disperati. E questo rischia di essere il gioco al massacro di inizio millennio. E la bestia risponde con le armi con le quali ha ancora una superiorità nello scacchiere mondiale: appunto le armi in senso letterale.
Non sono colpi di coda, perché di strumenti in realtà l’imperialismo occidentale ne ha ancora tanti, tante sono le frecce al suo arco. Ma la componente terroristica, golpista, dell’aggressione militare diretta o per interposta forza false flag, di guerra ibrida che dosa sanzioni ad atti di forza dei suoi corpi speciali, è ormai elemento prevalente della sua politica internazionale.
C’è della cifra banditesca, da veri gangster, nei palazzi di regime come Pentagono e Casa Bianca.
E il paradosso è che le accuse di terrorismo che da decenni colpiscono paesi e governi non graditi agli uomini del pentagono e ai suoi lacché, vestono come una camicia di perfetta misura gli USA stessi.
È la realtà ribaltata a uso e consumo di chi si arroga con il diritto della forza e della violenza il potere di fare tutto quello che decide di fare, in spregio al diritto internazionale, ai diritti umani, alla convivenza civile e politica tra paesi, così come sanciti dalle principali carte emerse nel secolo breve dopo due immonde catastrofi belliche. A chiosa di questa arroganza, torna in mente il Marchese del Grillo quando salendo sulla carrozza dopo la sua notte brava di rampollo di un’alta società a cui tutto è concesso, dice ai popolani:“Io sò io. E voi nun siete un cazzo!”.