Un’emergenza sanitaria non è come un’asteroide che cade sul pianeta

Un’emergenza sanitaria non è come un’asteroide che cade sul pianeta

C’è poco da questionare. Ormai è chiaro: l’evento Covid-19 non è come qualcosa di imponderabile e straordinario, al pari di un cataclisma inaspettato. A livello mondiale negli specifici paesi esistevano già dei protocolli di contrasto alle epidemie. Quello italiano era fermo dal 2010.

Vogliamo elencare le cause del perché l’Italia è al primo posto nelle Olimpiadi del contagio e dei morti?

Decenni di tagli alla sanità, privatizzazioni e soldi dati alla sanità privata, che per altro non ha fatto nulla per aiutare in questa situazione di emergenza, turno over bloccati ovunque e di fatto tagli di personale

Assenza o scarsità di dispositivi di sicurezza, centellinati, e su cui non sono state poche le speculazioni

Falso stop a partire dalle aree più industrializzate: guarda caso la bergamasca e il bresciano in testa, dove interi comparti produttivi hanno continuato la loro attività “grazie” alle pressioni di Confindustria sul governo: ciò ha contribuito inmodo decisivo alla diffusione del virus nelle famiglie

Azioni puramente demenziali come quella della Regione Lombardia, che reperiva posti letto per ammalati Covid nelle case di riposo. Gira largamente in rete la metafora del cerino in un pagliaio

Il risultato è stato l’altro grado di contagiati (quelli a casa o non “tamponati” non rientrano nel computo ufficiale) e di persone che non sono state curate e sono morte perché negli ospedali e nelle terapie intensive non c’era posto. L’alto grado di vittime tra il personale medico e paramedico per essere stato mandato in prima linea con mezzi di sicurezza di fortuna, inesistenti o inadeguati.

Tutto ciò porta a pensare alle persone dotate di buon senso che il neoliberismo, i mercati e i profitti al centro della società, sono atti criminali. C’è stato un preludio a questa situazione, l’intera società, i paesi atlantici ci sono arrivati del tutto impreparati, da Milano a Londra, da Parigi a New York, da Madrid a Berlino. Le differenze erano semmai su quanto il servizio sanitario nazionale fosse stato intaccato in tutti questi decenni. In Germania, per esempio, il rapporto tra numero di cittadini e posti nelle terapie intensive è il triplo rispetto a quello italiano.

Di tutto questo le classi dirigenti devono risponderne. O almeno se le popolazioni non avessero il cervello in pappa dall’imbonimento mediatico e avessero conservato un minimo di spirito critico e di spinta alla partecipazione popolare alla vita politca, dovrebbe essere così.

Più andiamo avanti con questo paradigma neoliberale e più guerre, pandemie, bolle finanziarie, speculazioni su vasta scala pilotate, terrorismi, intere aree del pianeta gettate nella miseria nera, predazioni, continueranno a disegnare un sistema mondo sofferente e piagato dalla potenza distruttiva di pochi contro l’aspirazione al benessere dell’intero genere umano.

Il Covid-19 è una campana che suona soprattutto per chi da oltre 70 anni, dalla fine del secondo conflitto mondiale, non vive più catastrofi ed eventi tragici di massa. Perché per esempio i popoli africani hanno i loro figli che quotidianamente muoiono come mosche di fame, di malattie banali come il morbillo e non è certo un coronavirus che si aggiunge alle sfighe che già hanno a far fare uno scatto di volontà.

Questo messaggio è per noi. La campana suona per noi. Dobbiamo comprenderlo bene e cambiare totalmente paradigma per noi e per i nostri figli, per le nostre società che hanno vissuto al di sopra delle possibilità del pianeta e sulla pelle dei popoli diseredati e per le società dell’intero pianeta. Vederci come fratelli e non come occasione di sfruttamento di lavoro altrui e di risorse di cui mi approprio con la forza del diritto da me creato per l’occasione e con il diritto della forza.

L’unica ricetta è trovare le modalità per riportare al centro la collettività, il pubblico. In concreto il welfare degli stati. Ma il buon welfare, non quello di guerra. Sentire che mentre le persone crepano fuori dalle terapie intensive perché non c’è posto, vengono spesi 70 milioni di euro al giorno in armi e mezzi militari, è qualcosa che dovrebbe far tremare le vene ai polsi di ogni persona che non sia obnubilata da partitismi demenziali. Siamo un paese cattolico: dovremmo capirlo bene.

Parole come “nazionalizzare”, “pianificare” non dovrebbero suonare più come bestemmie: lo Stato deve essere sul serio (e non per finta) il rappresentante della collettività che in modo democratico decide (la politica sull’economia e non viceversa) come, cosa, quanto, a chi e da chi,  e perché produrre e distribuire. Solo dentro questo cambio di paradigma possono vivere gli interessi e le iniziative private, come parte secondaria di un tutto e non viceversa.

Lo stadio ulteriore sarà il Socialismo, ma sappiamo che ci si deve arrivare nei mutamenti sociali, economici e culturali, di sistema ed ecosistema, più profondi. Il Comunismo è quel movimento che abolisce lo stato di cose presente. Questa frase di Marx, in sintesi, definisce i nostri compiti di comunisti nel paese e nel mondo. Il primo passo sta proprio nell’abbattimento dell’egemonia del capitale finanziario, delle multinazionali e dei loro burocrati che ci governano: mai come oggi il re è apparso così nudo. E mai come oggi la favola non è né “I vestiti del re”, né l’asteroide che colpisce la Terra. La favola è la narrazione che ci stanno ancora raccontando, fatta di menzogne confezionate con retorica e demagogia e di miseri e opportunistici scarica barile.