Unità di classe nell’autunno caldo imminente

Unità di classe nell’autunno caldo imminente

Lo sblocco dei licenziamenti operato dal governo Draghi con il placet dei sindacati confederali e la foglia di fico del consiglio a usare prima gli ammortizzatori sociali, determinerà dall’autunno in poi una crescita di manodopera disponibile a qualsiasi condizione.

Cresceranno miseria, disperazione e guerra tra poveri.

A livello locale, le varie amministrazioni, che siano di destra o centrosinistra, avranno mano libera, “grazie” al decreto semplificazioni a utilizzare questa manodopera con il citerio dei subappalti, imbestialendo ulteriormente le già vergognose e misere condizioni di lavoro e salariali.

Tra generale e particolare, ossia tra dettami neoliberisti di ordine generale e imposti dagli euroburocrati e politiche sul lavoro e sui servizi della amministrazioni locali, non c’è alcuna cesura. Come una macchina ben oliata il progetto neoliberista si è rafforzato nella pandemia, con il recovery fund le oligarche capitaliste e i loro governi puntano ad ancorare ogni politica ai parametri imposti da Bruxelles, e a cascata va a imporsi anche a livello locale. E i benefici d’una coperta troppo corta (non sono poi tanti soldi in proporzione alla devastazione economica in atto), andranno tutti alle grandi imprese, e ritenute prioritarie nella foga della “distruzione creatrice” che seleziona chi deve vivere e chi deve morire. Il reddito sociale comunque sia è destinato a fare una brutta fine, gradualemente, per non provocare contraccolpi sociali.

Candidati a sindaco come Lepore parlano di tutto fuorché dello spezzatino selvaggio che ci aspetta con questi dispositivi elaborati dall’UE e imposti da Draghi, delle ulteriori privatizzazioni e liberalizzazioni del mercato del lavoro anche di pertinenza delle pubbliche amministrazioni.

In una situazione consolidata di estrema frammentazione dei cicli di produzione e circolazione del capitale, occorre lavorare per ricomporre un fronte di lotta unitario. Il conflitto aumenterà nei prossimi mesi, ma non si può procedere a ordine sparso se si vuole trasformare una resistenza frammentata in un attacco in grado di colpire duro laddove al capitale fa più male: dove realizza i profitti, il punto debole della catena del valore, la circolazione delle merci e i flussi di cassa. In un paese dove il terziario sta assumendo un ruolo predominante non è un caso che i sindacati della logistica siano la punta di diamante dei primi fuochi del conflitto. E il primo passaggio è trovare la quadra tra i sindacati conflittuali, ossia le avanguadie di classe che meglio possono creare unità politica, ossia creare quel passaggio essenziale dal mero vertenzialismo allo sciopero politico contro il governo e contro il padronato e forme di lotta che colpiscano duro.

Un primo momento per l’autunno caldo che ci auspichiamo è lo sciopero generale, che faccia da ponte tra i segmenti di classe in prima linea nel conflitto già in atto e quelle categorie del mondo del lavoro non ancora attive o parzialmente attive, comunque non centrali per i danni che possono provocare da una sospensione del lavoro (per esempio la scuola, le medie imprese non determinanti per la catena del valore), ma che nella politicizzaziine del conflitto, nella sua vastità e profondità in tutto il mondo del lavoro costituiscono un fattore politico decisivo e un addizionale conflittuale organizzata nei blocchi della catena del valore. Un’organizzazione di classe che punta coesa ai gangli vitale della riproduzione capitalistica è nemico mortale per il capitale stesso e per i suoi apparati di comando e repressivi, di gestione del consenso sociale, di costrizione passivizzante.

Con l’unità si vince e si obbliga governo e capitale a cedere, a incidere sui rapporti di forza e a dare una svolta socialista al paese. Diversamente proseguirà il dividi et impera che stato e padroni mettono in opera così bene.

Ovviamente, molto dipende dall’attitudine della classe a mettersi in gioco, uscendo dalla passivizzazione e dalla depoliticizzazione che decenni di politica di palazzo, clientelare, di media mainstream, di marmellata sottoculturale hanno imposto con un lavoro di concerto, di cui ci sono sfuggiti numerosi passaggi e che come avanguardie politiche della classe abbiamo sottovalutato.

È tempo di essere all’altezza di questo conflitto sociale e di classe che la borghesia e il capitale nelle sue varie frazioni stanno conducendo contro l’esercito salariato, precario, disoccupato, per ridurre all’osso le condizioni di lavoro, i salari, i diritti. È un gioco al massacro dal quale possiamo uscire solo con la lotta e l’unità di classe.