Il 2019 ci ha lasciato e se devo scegliere l’immagine più emblematica di questo anno, certamente per me è quella di Cesare Battisti esibito come un trofeo, tra i gongolamenti di Bonafede e Salvini. Il primo, pentastellato, è quello che si esibiva in tuta militare. Del secondo è già stato detto tutto. Non certo dal popolo delle sardine, che probabilmente con Salvini e Bonafede, come tutto il PD, condivide la logica forcaiola e repressiva, riservando la lacrimuccia ai soli migranti che finiscono in fondo al mare. Ma da coccodrilli, visto che gli essere umani nei fondali del Mediterraneo ci finiscono “grazie” a un altro trofeo stavolta del PD e di Minniti: l’accordo con i delinquenti di stato-fazione libici che ha inaugurato i lager in Libia.
La foto dell’infamia potrei definirla, che riporta persino la democrazia capitalista al medioevo più cupo, dove i rei si mettevano alla gogna o in gabbia è, tra l’altro, il “degno successo” di un’azione del tutto illegale, con un Brasile che ha a capo un nazista dichiarato come Bolsonaro e una Bolivia che di “bolivariano” ha dimostrato molto poco, visto che ha consegnato Cesare ai servizi italiani senza nessun provvedimento o atto giudiziario, senza nessun iter di estradizione, con un giochino tra tre interlocutori: Bolivia, Brasile e Italia. Un’infamia con esibizione finale infame.
Il paese delle forche, sì, è il termine migliore per definire un’Italia che non ha neppure una legge sulla tortura orientata a chi in genere le torture le fa, ossia gli apparati polizieschi, che non ha una polizia con numeri identificativi, che tra destra e “sinistra” sono arrivati a decreti e leggi che comminano anni di galera a chi lotta, sanzionando blocchi, picchetti, fumogeni e quant’altro studieranno ancora per soddisfare i desiderata non di qualche fascista nostalgico ma di chi sta veramente dietro queste manovre che impiccano i diritti d’espressione e manifestazione: una UE che vede già con preoccupazione ciò che sta accadendo in Francia e in Catalunya.
E oggi, con il provvedimento che cancella la prescrizione alla fine del primo grado processuale compiamo un altro passo nell’inciviltà giuridica. Se i processi durano una vita non si interviene sui processi, ma contro il diritto dell’imputato di essere considerato innocente fino all’ultimo grado di giudizio. Un’altra infamia targata stavolta PD-5Stelle verso l’avvento di uno stato etico. E quando l’etica si aggiunge al classismo del potere capitalista il fascismo anche sotto nuove forme è di default.
La vera battaglia politica e sociale non è quella delle sardelle che piangono a comando in base alle notizie di Repubblica, ma è la lotta di classe, è l’autonomia di classe che vediamo ogni giorno in valle, davanti alle fabbriche e agli hub della logistica, nella contesa popolare sul territorio alla gentrificazione, alle speculazioni edilizie delle opere inutili e dannose e all’estrattivismo che avanzano nel nome del più bieco profitto. E’ percorso di liberazione dai dispositivi autoritari e di controllo che ci stanno imponendo e installando nelle nostre vite. E più saremo e con molta più capacità ed efficacia saremo in grado di rompere gli argini: nel mondo del lavoro, nei nostri territori, sul terreno della giustizia sociale, della cultura della giustizia nel garantismo, mandando in tilt la loro macchina di controllo sociale e nel rapporto capitale/lavoro.
L’arresto di Nicoletta, così come tutta la repressione poliziesca e giudiziaria contro il Movimento NoTav dimostra solo una cosa: che hanno giusto dei trofei da esibire nella loro campagna elettorale permanente, ma tanta paura che una lotta di massa generalizzata li colpisca al cuore, al cuore dei loro interessi, al cuore del loro sistema di controllo e consenso sociale. La Francia insegna. Ma noi dovremo fare come e meglio dei francesi. Come avanguadie di classe non possiamo fare molto sul terreno del consenso sociale, di fronte a vere e proprie macchine da guerra mediatiche. Ma nell’acuirsi delle contraddizioni sociali e del lavoro possiamo indicare la direzione ai movimenti, essere un passo più avanti per mostrare la strada. Ma senza mai distaccarci da essi.
Questo sistema fa acqua da tutte le parti e tiene ogni giorno di meno: questa è alla lunga (ma neanche tanto lunga) il nostro vantaggio, dalle contraddizioni sociali possiamo trarre la nostra forza, se sapremo organizzarci come sinistra antagonista, popolare e proletaria. Potremo far irrompere sulla scena politica il convitato di pietra: il proletariato, le masse precarie che non hanno avuto sin’ora alcuna rappresentanza e voce in capitolo. Il loro bel teatrino dei pupi, dove le borghesie lottano nei salotti televisivi per le loro beghe di cortile spacciandole per tematiche universali e imponendo la loro agenda politica, si spezzerà, il fondale di cartapesta cadrà e i “terroristi”, i “black block”, i “Gilet Jaunes”, si presenteranno a chiedere il conto come popolo di tutte le porcate fatte nel nome di un’Europa che esiste solo come banche e burocrati.
Questa non è solo la mia convinzione, ma il mio augurio per il nuovo anno e per gli anni a venire. Perché le barbarie che stanno crescendo nel mondo, volute da questi ubu roi che fanno i coccodrilli agitando la forca e che cambiano casacca al bisogno, che litigano per le briciole offrendosi come meri esecutori della spartizione della torta per procura dei più potenti, abbiano a finire. E allora il trofeo non sarà più un essere umano, ma delle anticaglie della storia dure a morire ma che moriranno: il capitalismo e il suo stato classista.