Tre anni senza Evangelisti

Tre anni senza Evangelisti

Il 18 aprile sono tre anni che Valerio Evangelisti ci ha lasciato. Per questo, ho ritenuto opportuno leggere un suo brano all’iniziativa La guerra non ci dà pace, che si è tenuta in piazza del Nettuno a Bologna, proprio a tre anni esatti dalla sua dipartita. Sono intervenuto per ultimo, quando ormai dopo tre ore quasi tutti se ne erano andati. Beh, non è stato molto carino.

Comunque, riprendendo le mie precedenti analisi sulla scelta europea di andare verso la guerra imperialista, ho scelto questo brano di Valerio perché la gran parte dei presenti, in un’operazione puramente circoscritta ai ceti politici della sinistra, si sono riempiti la bocca e le orecchie della parola pace, ma senza toccare il cuore della questione: non si può stare con un piede in due scarpe. Questa la mia lettura con alcune considerazioni finali:

No, non si può stare con un piede in due scarpe e ridurre la questione della guerra a un atteggiamento sbagliato di un sistema impazzito. Il nostro “Occidente” da secoli è guerra, è dominio sanguinario sulle popolazioni ritenute “incivili”, schiavismo e poi politica militarista di potenza tra imperialismi.

Gli aedi dell’euroimperialismo che si vende come “di sinistra”, PD in primis, ci stanno proponendo, usando una vantata superiorità culturale e di civiltà occidentale (vedi lo sproloquio di Vecchioni il 15 marzo a Roma), un cambio di passo: la guerra come atto estremo di un emergenzialismo che è servito sino ad oggi solo per irrigimentare, terrorizzare le masse e giustificare tutti i passaggi di politica economica e “securitaria” che ha garantito non una democrazia che non esiste più (se mai sia esistita nella sua espressione più autentica e universale…) ma un dominio interno ed esterno. E l’atto estremo è la guerra, invocata dalla Von Der Leyen a Scurati, il Marinetti de noantri: nei suoi appelli bellici mancavano solo le onomatopeiche. Questo, dai media che appartengono a ben noti gruppi finanziari che fanno profitto sulle armi, si lamenta perché i giovani non hanno più la vis guerriera d’un tempo. Dove sono ordunque i Pizzarro, gli Enrico Toti, i Balbo sorvolatori dei campi bellici africani, nel crepuscolo della ragione conquistata 80 anni fa? Sono a farsi uno spritz al Pratello o sui Navigli. E meno male: c’è sempre la speranza che una buona dose di sana e istintiva disobbedienza e indisponibilità ad armarsi e partire si diffonda con naturalezza, ben sapendo, perché i giovani tanto cretini non sono, che l’armiamoci e partite è il ritornello di chi le guerre non le combatte e ci fa lauti affari sulla pelle della povera gente.

E c’è da ben sperare. Non me ne vogliano i compagnosky che si sono lasciati portare nella realtà distopica di una popolazione chiusa in casa e greenpassata per i profitti di big pharma come grande laboratorio del controllo sociale: quando in ballo l’emergenza mette in discussione le esistenze, la gente, molto semplicemente s’incazza. E l’Italia non è Cuba, dove il consenso nasce dalla consapevolezza di una scienza di stato (ossia della collettività) messa al servizio del popolo. Abbiamo visto come da noi tutta questa fiducia non c’è stata. E non a torto. Di fronte all’emergenza costruita ad arte del COVID19, la risposta popolare è stata vasta e potente come non si vedeva da decenni. E’ probabile che il passaggio alla guerra vedrà una risposta simile. E c’è chi in piazza con questo popolo ci tornerà, magari stavolta molto più organizzato.

Or bene, chi si oppone sin da oggi alla guerra imperialista dovrà giungere a questo appuntamento ben preparato. E staccarsi da ogni ambiguità e collusione con il partito bipartisan della guerra e degli affari: è la condizione senza la quale non si andrà da nessuna parte. L’antimilitarismo di cui parla Valerio Evangelisti è guerra alla guerra: è una guerra popolare fatta di diserzione a tutti i livelli. Non è pacifismo imbelle e generico: i nemici hanno un nome e cognome e vanno attaccati politicamente, nelle piazze, in tutti i luoghi e contesti dove possa operare una Resistenza antimperialista.

Ma tornando ai nostri della guerra non ci dà pace, dubito fortemente che dai ceti politici della sinistra possa nascere tale risposta. E penso che l’iniziativa del 18 sia stata una sfilata di soggetti decotti, autocelebrativa della propria insignificanza e inconcludenza. Vorrei che non fosse così, ma lo è. Se facciamo una radiografia di quell’evento c’era chi come Coalizione Civica sostiene la giunta Lepore e tutte le vaccate che sta facendo: dalle opere cementiere che sventrano la città per farla diventare ancora di più una tourist town, all’aumento del prezzo dei biglietti TPER, tutto quello che Lepore poteva fare per i poteri forti: fondazioni, grandi coop, consorzi, partecipate, capitale finanziario di varie tipologie, immobiliarismo speculatore e del food, fazioni massoniche e curiali, i vari carrozzoni sindacali e dell’associazionismo di categoria, questo sindaco e la sua junta l’hanno fatto. E tutti questi personaggi sinistroidi, se non sono organici, si limitano a critiche marginali o specifiche a un tema o a un altro. Vi sembra dunque possibile che chi non collega il neoliberismo selvaggio alle condizioni dello stato sociale e a quelle di vita della popolazione, possa avere una coscienza evoluta sulla guerra imminente? Me al degh ed no.

L’unico che mi è parso in partita è il buon Fausto Anderlini, che ha stigmatizzato il tentativo dei gruppi dirigenti della sua stessa fatta d’origine di accostare la Resistenza ai nazi ucraini e di espungere dalla narrazione mainsteam della sinistra ztl il comunismo, con i suoi 28 milioni di morti nella guerra a Hitler e i 4800 comunisti italiani in galera durante il ventennio su 5000 politici antifascisti. Antifascisti che non avevano certo il manifesto di Ventotene come modello di futura società. Cosa non fa dire ai piddini il loro salto della quaglia nel campo atlantista senza più neppure la foglia di fico dell’eurocomunismo, con un suprematismo occidentalista che, tra Socrate, Hegel e Pirandello, in una autoesaltazione dellostatus quo, arrivano a fottersene delle aggressioni militari USA-UE-NATO non coperte neppure dal diritto internazionale: Ex Yugoslavia, Iraq, Libia, Siria, Afghanistan… Giustamente, il consiglio di Anderlini è stato quello di fischiare le autorità il 25 aprile nell’80° dalla Liberazione, non appena in piazza diranno le loro scemenze.

Se gli intellettuali e chi fa, o dovrebbe fare, da ponte con i nostri padri costituenti, iniziassero a fischiare ovunque si presentino questi servi dei poteri forti, questi lobbisti senza cultura politica, e facessero la loro parte nell’agone politico e culturale italiano, ciò servirebbe a creare una vera opposizione, di cui s’avvedono le avvisaglie, ma che non ha ancora gli strumenti politici per palesarsi in una dimensione sociale e in un soggetto politico organico ad essa.

Ma un Anderlini non fa primavera, e il pacifismo di ceto, anche quello che un minimo si interroga sull’assurdo mediatico che fa dell’Ucraina e della Palestina due pesi e due misure, non s’avvede neppure di quello che accade sotto il suo culo. Il pacifismo “tanto radicale” felsineo, nella sua quasi totalità (salvo rare e lodevoli eccezioni), non ha speso una sola parola per l’azione arrogante di censura di un luogo dei cittadini come una Casa di Quartiere: mi riferisco a Villa Paradiso. Eppure la questione della pace c’entra eccome, visto che questa CdQ intendeva ospitare iniziative che tematizzavano da punti diversi da quelli di regime il tema del conflitto in Ucraina.

Certo, Villa Paradiso non è né un centro sociale occupato, né un luogo privato dove ti puoi fare i cavoli tuoi. Doveva essere come tutte le altre CdQ: una della vetrine della sempiterna giunta del PD, dopo le reti d’imprese della CNA e il fontanone alla Bolognina. E invece no, è diventato un centro di aggregazione popolare che ha commesso il tremendo crimine di dare voce alle istanze provenienti dal territorio, anche sul piano della riflessione politica e del confronto. Merce rara, ma anche esercizio di critica sociale e politica pericoloso, che non si sa dove possa portare, nevvero? Fatto sta che anche a questo giro, i diretti interessati dalla censura di un sindaco che come un podestà mette in opera un provvedimento da minculpop nel 2025, nel ritorno di fiamma degli ideali di guerra, non sono stati neanche lontanamente contemplati nella pletora decantante nella sera di Nettuno plaza.

Ovviamente per i vari coalizione cinica e centrosocialari del giovedì… tuttappost. Ecco, questo è il panorama deprimente di una sinistra locale che in buona parte si è fatta comprare tra accordi e convenzioni, pensando di aver fatto chissà quale buon passo in avanti nella rivoluzione, o nella buona politica di sinistra. Mentre nell’indifferenza generale e in quella politica di ceto di chi pensa alla propria bottega, quello che ci aspetta è un lungo periodo di economia di guerra con il rischio di una guerra vera e propria. Le forze europeiste che conducono la politica UE, PD incluso, stanno facendo di tutto per boicottare un possibile accordo USA-Russia che conduca alla pace quanto meno in quella regione europea, o a un 38° parallelo sulla falsariga coreana. Ma in realtà, sia il governo che la (falsa) opposizione, non si oppongono a Rearme Europe, anzi lo sostengono, con tanto di un imminente aumento delle spese militari ai danni dei servizi più essenziali per la cittadinanza e i lavoratori. Tuttappost…

E Trump ringrazia: con i tagli alla sanità e i risparmi del popolino sempre più nelle disponibilità dei prodotti finanziari delle big three, il complesso militare industriale USA ci venderà la qualunque, insieme al gas liquefatto a prezzi astronomici. Di questo ovviamente, nel far poesia, non se ne è parlato alla kermesse del 18.

Valerio, quanto saresti stato importante…