Dalla Francia una grande lezione: la lotta paga

Dalla Francia una grande lezione: la lotta paga

Se Macron avesse voluto imporre la pensione a 67 anni come in Italia, sarebbe tornata la ghigliottina in Place de la Concorde. O qualcosa di simile. In Italia la cosa è passata anni fa, col governo Monti sostenuto in modo bipartisan da PD e Forza Italia, praticamente da tutti: una porcata che ha fatto piangere persino chi l’ha redatta, un coccodrillo come la Fornero, che in fatto di superbabypensioni ha ben piazzato la figlia. La cosa in Italia passò con il placet di sindacati complici, che definirli tali è un insulto al sindacalismo vero, CGIL-CISL-UIL, ed è passato di tutto prima e dopo: sin dai tempi di Treu e fino al jobsact di Poletti.

Ma in Francia non sono biondi. 38 giorni di scioperi a oltranza che hanno unito più della metà dei francesi, dai sindacati come la CGT ai Gilet Jaunes, cortei e manifestazioni dure, scontri: in una parola, ingovernabilità. Ma metiamocela un’altra: ribellione. 38 giorni e Macron ha ceduto, facendo ritirare al suo ministro la proposta di legge della pensione piena a 64 anni (non stiamo parlando del limite in cui vai in pensione, ma del limite in cui percepisci la pensione piena!!!).

Cosa ci dice tutto questo? Che in qualsiasi tipo di società capitalista, dove hai lobbies, comitati d’affari, burocrazie che fisiologicamente tendono a trasferire la ricchezza sociale e i frutti del lavoro in profitti per ristretti ceti dominanti, e su questo comprano, corrompono o manovrano, perché sua diretta creatura, la politica, solo la lotta dura e a oltranza e quindi solo la crescita di organizzazione e forza materiale di classe consentono di difendere quanto conquistato con le ondate di lotte nei decenni precedenti e di affermare diritti, salari, redditi. Questo la CGIL se lo è dimenticato e lasciato alla espalle da decenni.

Questa è la lezione che arriva dalla Francia, ancora una volta. Si vince, si perde, ma si lotta. E la vittoria e la sconfitta sono determinate sempre dal grado di organizzazione di classe, operaia e sociale, territoriale e dei cittadini, che si riesce conseguire e a mettere in campo. Non da altro. Non da stati maggiori di partitucoli che alla sinistra della sinistra euroliberista, dentro questa coalizione o fuori, si mettono insieme giusto per le elezioni senza alcun lavoro militante, senza alcune presenza nei movimenti, magari con un bel simbolo che rammenta il “come eravamo”.

Potere al Popolo non lo trovate solo durante le elezioni. Potere al Popolo è presente nelle situazioni, tra i senza casa, nel sindacalismo di lotta, nelle vertenze operaie, ovunque riesca ad esserci, anche dove ci sono i reietti, quelli che “tanto non votano”: i migranti dell’agroalimentare, quelli della raccolta dei pomodori con caporali e salari da due euro l’ora. Perché se si è rappresentanza reale dei salariati, degli sfruttati e degli oppressi, lo si è sempre e ovunque vi siano sfruttati e oppressi. Perché le elezioni sono un momento della crescita e della lotta più geneale contro il capitalismo, non il momento dell’opportunità per avere poltrone.

E’ giunto il momento anche in Italia di costruire una rappresentanza dei salariati, degli sfruttati e degli oppressi, che sono sempre di più “grazie” alle politiche di macelleria sociale portate avanti dal PD come dalle destre. Il nostro avversario è “bipolare”. Una parte si traveste da antifascista solo per avere voti. Ma il giorno dopo le elezioni dà come sempre mandato alle prefetture di consentire ai fascisti di manifestare e di reprimere gli antifascisti che protestano. Fa l’antirazzista quando il giorno prima con Minniti inaugurava i respingimenti dei migranti accordandosi con i criminali di Tripoli e lasciando che nascessero veri e propri lager in Libia.

Non dobbiamo guardare con preoccupazione alla crescita dell’uno nei confronti dell’altro. E’ un teatrino ben rodato sin dai tempi di Berlusconi, che una semplice lettera di Draghi e Trichet ha mandato in frantumi e messo tutti insieme per interessi di parte, classisti e secondo i trattati neoliberisti UE. Bonaccini e Borgonzoni pari sono. Dobbiamo invece guardare ala costruzione di una vera sinistra di lotta e di cambiamento radicale di questa società ingiusta, guerrafondaia e liberticida. Non è il singolo partito a farsi portatore di queste barbarie imposte dai manovratori: le oligarchie finanziarie e le multinazionali. Tutto il loro sistema è marcio. Occore vedere oltre questi pupazzi, le marionette del momento.

Dobbiamo costruire qualcosa di nuovo. E per forza il nuovo non è facile farlo nascere. Ma occorre farlo, scarpe rotte eppur bisogna andare. Il nuovo può nascere solo fuori da questo marciume. Le elezioni sono un passaggio importante: un 4% è una conquista, un passaggio importante. Un seggio, due seggi di rivoluzionari e rappresentanti veri degli interessi delle classi popolari al consiglio regionale, sono una conquista, una testa di ponte per continuare a crescere e a lottare.

Solo la lotta paga. E la Francia insegna. Senza la forza del popolo non c’è nulla. Solo alienazione, miseria e strapotere dei più forti.

Potere al Popolo!