Mia madre mi ha sempre detto che le persone abituate al potere e alla manipolazione, intriganti e più false di una banconota del Monopoli, le riconosci dalla faccia. E da brava mezza milanese le ha sempre definite “bauscia”. Bauscia è Berlusconi, lo è Renzi e tanti cavalli di razza industriali, della dc, socialisti… che hanno segnato la triste storia di questo paese.
Dal primo momento che ho visto Santori, mi sono detto: questo è un bauscia.
Non è un lombrosismo rovesciato e di fatto una persona la si giudica per ben altre cose. Ma la pancia difficilmente ci mente. Tuttavia se due mani sono due mani, piccole o grandi che siano, larghe o tozze, alcune sono lisce come quelle di un bambino e di un manager prodiano, altre sono callose e portano i segni del lavoro e della fatica come quelle di un operaio. Così le espressioni facciali, i sorrisi da cazzo rivelano non solo il carattere, ma anche il “gioco”, a che gioco gioca il Menenio Agrippa di turno: archetipo dei bauscia “progressisti”. E il gioco di Santori non mi piace affatto.
Il piccolo bauscia del laboratorio prodiano è arrivato al capolinea dopo le cazzate e i flop che abbiamo visto, dalla visita alla banda Toscani e Benetton di Fabrica ai quattro gatti di Scampia e ai fatti napoletani di qualche giorno fa (qui e qui). Lo rivedremo certamente riciclato nel partitone che raggruppa tanti ma tanti bauscia: il PD. A interpretare l’anima “movimentista” dell’unica rappresentazione di movimento che i piddini possono avere: artificiale e falsa come una banconota del Monopoli.