Green pass e sinistra

Green pass e sinistra

Un nuovo fascismo, biopolitico

All’inizio anch’io prendevo per matti fanatici quelli che si opponevano a quella che il mainstream considerava l’unica strada possibile: i vaccini. Poi però, mi sono reso conto che qualcosa non quadrava: dei dottori sperimentavano e adottavano delle cure in casa, cosa completamente diversa dalla “tachipirina e vigile attesa“. I vaccini sono arrivati e la campagna ossessiva ha portato a vaccinare più del 70% della popolazione, ma ancora non bastava.

Siamo quindi arrivati al green pass…

… mentre le manifestazioni di piazza aumentavano. E la popolazione che si ribellava non era più una minoranza di no vax, no 5G e terrapiattisti. Questo attacco alla vita di tutti si è esteso infatti al lavoro di qualsiasi tipologia, dopo mesi di lockdown e coprifuoco che avevano messo in ginocchio il piccolo commercio, il turismo, l’artigianato a favoer del grande delivery. Già allora parlavo di concentrazione della catena del valore, delle filiere e quindi di capitali a beneficio delle multinazionali, della finanza che investe, che sposta fondi dall’automotive e dalle compagnie aeree alla movimentazione delle merci, leggi circolazione del capitale nelle nuove modalità di accesso ai proditti e ai servizi, ai consumi.

La composizione sociale della protesta

Avevano iniziato i ristoratori e una massa di precari rimasti all’improvviso senza lavoro. Ora sta scendendo in lotta la classe operaia, a partire proprio dal settore della circolazione di merci, quindi di capitale, la logistica, la logistica pesante come i porti. Trieste è stata la punta di diamante, quella che ha più messo in difficoltà il ruolino di marcia del governo al soldo dei potentati finanziari e multinazionali. Per questo la repressione, nonostante che il presidio non impedisse il passaggio di TIR e lavoratori, è stata violenta e spietata. Del resto nella logistica la spietatezza in questi ultimi anni ha provocato dei morti: Abdel Salam, Adil. E pestaggi da parte di vere e proprie squadre di mazzieri al soldo delle compagnie e delle cooperative in subappalto. Stavolta i mazzieri erano di Stato. Ma la cosa più preoccupante per il sistema del potere, che è sistema di profitto, è stata la saldatura sociale, tra la popolazione, altre categorie del lavoro e i portuali triestini, tra territori del paese. Qualcosa che è preludio di altro, perché non è finita qui.

 

Ma la narrazione portata avanti fin qui,

è come se non esistesse per una gran parte della sinistra “radicale” e di classe. Tutti i gruppi dirigenti si sono schierati nel loro fortilizio e non ne hanno voluto nemmeno sentir parlare. Un po’ di spazio l’ho avuto io all’inizio, ma poi c’era chi riduceva al silenzio, alla pietra tombale tutta la questione dopo l’assalto di Forza Nuova alla CGIL. Se abbiamo avuto una saldatura sociale malgrado la latitanza di gran parte del sindacalismo di base, la saldatura politica non c’è stata, i comunisti nel movimento di massa no green pass sono in ordine sparso, spaesati, alla ricerca di un’analisi politica che metta a fuoco quanto sta accadendo nel paese.

 

Autovalorizzazione

E’ una parola che sembra vecchia, usata dall’operaismo negli anni ’70. In realtà è la chiave di lettura per comprendere il perché e le relative implicazioni la classe operaia dopo un anno e mezzo di pandemia, si stia mettendo alla testa del processo conflittuale. Tanto che anche i sindacatini, alcuni, hanno iniziato a capire e a inseguire il movimento ma dall’esterno, ammettendo che sì, il green pass è un dispositivo che dà ancora più potere al comando padronale. Per esempio la posizione di USB. Ma siamo lontani dall’analisi che va fatta. La lotta dei portuali triestini ha disvelato, con la loro forza contrattuale, che la gestione della pandemia fin qui snodatasi tra restrizioni spesso tutt’altro che sanitarie, è una violenza sui corpi, sulla socialità, sulla vita delle persone, dando il massimo potere al capitale. Stiamo rqalmente entrando nella biopolitica. Ma questa resistenza popolare, operaia sta a dirci che vincere questa battaglia epocale, il grande reset, significa riaffermare l’autovalorizzazione, ossia la rigidità operaia sulle condizioni di lavoro, sui tempi, sui salari, sul reddito sociale. Perché la forza sociale e materiale che ne scaturirebbe andrebbe a incidere sul quadro generale dei rapporti di forza.

 

I padroni lo sanno, i comunisti no

Per la sinistra di classe, i comunisti, siamo all’ora zero. Un amico continua a dirmi che i comunisti sono finiti, anche quelli “eretici”, nella spaccatura trasversale, anzi verticale che attraversa tutto il fronte della sinistra antagonista. Dopo questa fase tutto sarà diverso e prevedo l’implosione di questa pletora di piccole organizzazioni fatte di generali senza esercito, piccoli tiranni che hanno solo riprodotto i meccanismi del diamat staliniano spacciandoli per dibattito interno e democrazia diretta. Nemmeno più il centralismo democratico c’è. L’autonomia operaia, di classe, spazza via tutto. Se ne accorgeranno.

 

Eppure io sono comunista

No, i comunisti non sono finiti, perché non è finito il comunismo e prima ancora il socialismo. C’è del comunismo nelle parola di Stefano Puzzer, quando (voce dei portuali in quel momento, non lui) rifiuta il contentino dei tamponi gratuiti solo per loro, fatto apposta per dividere il fronte di lotta. Autonomia, autovalorizzazione, unità di classe, solidarietà sociale. Altro che fascisti in piazza. Su questa visione superficiale e finalizzata a salvare la propria residualità ho letto le stupidaggini più incredibili. Incredibili se pensiamo che escono dalla tastiera di notabili del socialismo scientifico. Una residualità che viene difesa con i denti, mistificando persino la scienza (e quindi il socialismo scientifico stesso), nell’accettazione dei dati del mainstream e paragonando un vaccino fatto in tempi rapidi e che stanno sperimentando sulla nostra pelle con l’aspirina. Un’idiozia che non sta né in cielo né in terra. Una bestemmia per dei comunisti. Geymonat si rivolterebbe nella tomba. Eppure io sono comunista e tanti altri compagni lo sono. Eppure bisogna andare.